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Per “Antigone” il decreto Caivano ha avuto effetti distruttivi sui minori

Forte preoccupazione sul Rapporto di Antigone relativo alla giustizia minorile e gli Istituti penali per minorenni, visto che il sistema starebbe “rinunciando a incontrare con pienezza quei principi ispiratori sui quali è stato costruito e che hanno fatto sì che la giustizia minorile nel nostro paese divenisse un modello a livello europeo”.

E, spiegano quelli dell’associazione Antigone, che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, che il “cosiddetto Decreto Caivano ha introdotto una serie di misure che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per i giovani autori di delitto. 

“Inoltre l’aumento delle pene e la possibilità di disporre la custodia cautelare in particolare per i fatti di lieve entità legati alle sostanze continuerà a determinare un grande afflusso di giovani in carcere anche in fase cautelare. Invece di intervenire sui servizi per la tossicodipendenza e sull’educazione nelle scuole si va a inasprire una figura di reato che porterà a maggiori arresti di minori che consumano sostanze psicotrope anche leggere e sono spesso coinvolti solo occasionalmente con lo spaccio”.

E ancora, dicono i responsabili: “Punire per educare è illusorio, nonché socialmente dannoso, inseguire gli obiettivi ricompresi in questo slogan oggi tanto di moda nelle carceri e finanche nelle scuole. Uno slogan che è diventato politica attiva. La giustizia penale minorile non meritava le involuzioni normative presenti nel cosiddetto decreto legge Caivano che ci riporta qualche decennio indietro nella storia giuridica del nostro Paese. A partire dal 1988, con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, l’Italia aveva scelto un’altra via, quella dell’interesse superiore del minore”.

“L’introduzione del percorso di rieducazione del minore stravolge l’idea di valutazione individuale, impedendo così la valutazione caso per caso del magistrato rispetto a come sia meglio per lui o per lei impiegare il proprio tempo”, dimenticando che lo studio ha un ruolo privilegiato data l’età dei soggetti di riferimento.

Inquietante è inoltre la possibilità che ha il direttore dell’Istituito di pena minorile di trasferire i giovani in un carcere per adulti trattandoli come pacchi postali e soprattutto  trasferendo i  ragazzi più difficili, spesso minori stranieri non accompagnati con disturbi comportamentali, problemi di dipendenze da sostanze, psicofarmaci e/alcool, solitudine, violenze subite durante i percorsi migratori. I direttori se ne liberano definitivamente mandandoli nel sistema degli adulti, quello che nei primi 45 giorni del 2024 ha cumulato già 20 suicidi. 

“In particolare – precisano ancora i curatori del Rapporto – le storie dei ragazzi e delle ragazze che finiscono negli istituti penali per minorenni spiegano come i tassi di recidiva siano altissimi, soprattutto quando i ragazzi, al compimento del diciottesimo anno d’età, vengono catapultati nelle carceri per adulti interrompendo un percorso di presa in carico educativo”. 

Pasquale Almirante

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