Gentile Direttore,
Un nuovo contratto per i docenti sottoscritto dai sindacati, pari a +124 euro lordi al mese, che se fossi sindacalista ne farei una barchetta di carta o un aeroplanino. Perché? Per buttarla in ridere.
È offensivo in sé nella sostanza economica. Sono 100 netti al mese! Una spesa mensile al discount per la famiglia e un pieno di benzina.
È offensivo per il declassamento sociale di un educatore, le maestre elementari in particolare, che fanno anche i rientri, dinanzi a studenti sempre più precocemente depotenziati per la dipendenza patologica da internet. Cosa hanno i docenti meno di avvocati e commercialisti? Il Quoziente di intelligenza?…
È offensivo anche per lo studente che si trova di fronte a un docente-travet, a una marionetta che, anche per il suo stipendio, si può prendere a pistolettate, insultare, irridere, senza temere nulla, se tutto su misura sul denaro.
È offensivo anche per il sindacalista, che lo ha sottoscritto, poiché finge (o crede) di aver fatto il suo mestiere, e in realtà perde del tutto la faccia non di fronte agli iscritti, ma alla propria funzione, di cui ammette da sé il declino inesorabile.
È offensivo poiché tradisce il mancato allineamento con l’Eurozona (Germania 60 mila lordi annui, Italia 30 mila, Grecia 20 mila Europa). Cosa che costerebbe 11 miliardi annui (cfr. osservatoriocpi@unicatt.it, 2022), una bella cifretta, ma nulla di fronte ai 160 miliardi annui di evasione fiscale in Italia (esclusa quella della mafia-impresa, difficile da contabilizzare, ma pari al altri 100 miliardi).
È offensivo per la tempistica, la vacanza di luglio-agosto con le menti dei docenti non più a scuola, intorpidite da Cerbero, Caronte e tutti i diavolacci che impediscono di pensare per il gran caldo offensivo infine per l’essere umano, l’uomo che, come sosteneva il filosofo, deve essere un “fine”, non un “mezzo”. In questo caso, con questo contratto geniale, non è che un mezzo, invece, il docente, per formare altri mezzi, un’umanità tecnologica sempre più torpida, affamata, disumana proprio.
Livio Braida
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