Non sfugge agli oppositori del Governo il ritorno di “fiamma” del presidente del Consiglio per la scuola, a ridosso del referendum costituzionale del 4 dicembre.
“Renzi accumula conferenze stampa annuncia proclami ma il mondo della scuola è nero con questo governo. In tv può mentire, a loro no“, ha scritto in un tweet il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, del M5S,
Poi, sempre Di Maio, in un secondo tweet attacca: “Scuola al tempo di Renzi-Giannini: investono briciole per sicurezza scolastica e fanno pagare contributo, la vera tassa pagata da genitori”.
Il riferimento del vice presidente della Camera è ai contributi scolastici che le scuole, a corto di fondi, sono costretti a chiedere alle famiglie degli alunni. Anche della scuola dell’obbligo. Una prassi che, per completezza, non ha però instaurato il Governo Renzi, ma è stata avviata nell’ultimo decennio. Soprattutto dopo i tagli derivanti dalla Legge 103 del 2008 che ha dimensionato gli studi, ridotto gli organici, aumentato gli alunni per classe e ridotto i finanziamenti alle scuole per le attività quotidiane e progettuali.
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