Sul rinnovo di contratto non meraviglia la ‘melina’ della parte pubblica, denunciata in queste ultime ore dai sindacati: perché le risorse sono queste, tranne qualche piccola aggiunta finale, e senza l’approvazione della Legge di Stabilità non si può precedere ad alcuna contrattazione. Entro 72 ore, una volta definita la manovra di fine anno, l’Aran comincerà convocare i rappresentanti dell’amministrazione centrale per stipulare un accordo lampo, da chiudere forse già entro Natale, e apri-pista; ma subito non verranno chiamati a raccolta i sindacalisti della Scuola perché la trattativa in questo ambito si prevede più complessa. Per un docente a fine carriera potrebbero arrivare solo 60 euro lordi.
A dirlo, il 18 dicembre, in diretta su Radio Cusano è stato il nostro direttore responsabile Alessandro Giuliani, nel corso della trasmissione Open Day.
“Per la scuola – ha detto – al momento sono disponibili attorno ai 75 euro medi, quindi circa 10 euro in meno rispetto all’accordo di un anno fa a Palazzo Vidoni, e scatteranno dal prossimo 1° gennaio, più una piccola parte di arretrati per il biennio precedente”.
Forse arriveranno altri 100 o se va bene 200 milioni di euro, ma serviranno principalmente per innalzare la soglia di accesso al bonus Renzi da 80 euro, evitando in questo modo la beffa decine di migliaia di docenti e Ata.
“Inoltre, proprio in base quell’accordo di fine novembre 2016, si prevede un’assegnazione degli aumenti sulla base della piramide rovesciata: in pratica, ad un bidello o un Ata potrebbero andare anche 90, forse 100 euro, di incremento; mentre un docente a fine carriera si dovrà accontentare probabilmente di 60 euro, sempre lorde”. Una parte, residua, dovrebbe infine essere assegnata in base ai carichi di lavoro.
Durante la trasmissione, si è anche parlato di pensione anticipata (per la scuola solo qualche migliaio di maestri della scuola dell’infanzia hanno avuto questa possibilità nell’anno che sta per finire e l’avranno pure nel prossimo, in larghissima maggioranza donne) e dell’appello rivolto nei giorni scorsi dall’attuale ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, di non cambiare le strategie avviate sulla scuola con il sopraggiungere di nuove maggioranze politiche.
“A sentire vari i raggruppamenti politici – ha commentato Giuliani – appartenenti indifferentemente alla destra, ad iniziare da Matteo Salvini, o alla stessa sinistra fino al Movimento 5 Stelle, come ha ribadito di recente dal candidato premier Luigi Di Maio, le cose stanno però diversamente, perché tutti hanno inserito nel loro programma la volontà di cancellare la Buona Scuola, assieme al Job Acts e alla riforma Fornero”.
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