Attualità

Sballottata e tirata da ogni parte: non lasciamo crollare la scuola!

I resti del ponte Morandi di Genova sono un tragico monito per tutti noi Italiani. Le grandi infrastrutture, realizzate in quell’epoca felice della storia italiana che è stato il trentennio successivo alla Seconda Guerra Mondiale, sono il simbolo della rinascita di un Paese che — grazie politiche economiche di forte impronta keynesiana — visse in quell’epoca il momento più florido della propria trimillenaria storia. Momento reso possibile (pochi lo ricordano) dalla scolarizzazione di massa; cui concorse un sistema scolastico che, pur coi suoi difetti, è ancora tra i migliori del mondo; e che ha permesso una grande mobilità sociale, consentendo a milioni di “figli di nessuno” di laurearsi e di svolgere professioni cui i loro genitori non avevano mai potuto aspirare.

Un crollo “simbolico”

Perciò anche il crollo del ponte Morandi, al quale abbiamo assistito atterriti il 14 agosto, ha purtroppo una forte valenza simbolica. Non è questa la sede per stabilirne le responsabilità. Certo è però che, nei suoi 51 anni di vita, il ponte non ha ricevuto quelle cure che lo stesso Riccardo Morandi reclamò fin dal 1979, afflitto perché inascoltato da chi avrebbe dovuto provvedere.

La frammentazione di patto sociale

La privatizzazione di tutte le infrastrutture italiane, decisa negli anni ‘90, ha posto in mano a privati concessionari anche quel ponte. Ora, se qualcosa non ha funzionato nei controlli e nella manutenzione, bisogna porsi qualche domanda circa il senso etico di chi è qualsiasi titolo responsabile della sicurezza dei cittadini italiani: i concessionari privati (che dalla gestione delle opere pubbliche lucrano miliardi), ma anche la classe politica (che può decidere cambiamenti sostanziali nella stessa gestione), le autorità istituzionali con funzioni ispettive (cui spetta controllare i concessionari). E se ancora una volta assistiamo a un vergognoso rimpallo delle responsabilità, ciò significa che ognuno di questi attori si occupa solo di se stesso, pienamente pago del proprio quieto sopravvivere, del proprio status, del proprio profitto. La funzione sociale del proprio compito e della propria professione, invece, è andata perduta: nessuno si sente responsabile. E, come sempre, le responsabilità saranno accertate dalla magistratura.

La Scuola scricchiola

Lo stesso sta avvenendo per la Scuola. Sballottata e tirata da ogni parte, anche la Scuola sta subendo pressioni e carichi per i quali non era stata progettata. Anche la Scuola è fatta oggetto da 30 anni d’interventi parziali e rabberciature raffazzonate, frutto di orientamenti ideologici e interessi politici contrapposti, portati avanti senza rispetto per la sua funzione, per la sua dignità, per i “materiali” (insegnanti e lavoratori) che la compongono e la sostengono facendola vivere. Ognuno parla della Scuola, ognuno spara la propria proposta come un proiettile per distruggere la Scuola presente senza avere un’idea chiara della Scuola che vuole e della sua funzione sociale, senza distinguere né discernere i giudizi di fatto dai giudizi di valore, i dati dalle opinioni, le fantasie dalla realtà. Anche perché si parla spesso senza aver presente alcun modello di società, e senza rivolgere neanche un barlume di pensiero all’etica della responsabilità.

Ognuno per sé e Dio per tutti

Ne è un esempio la recente uscita di Antonello Giannelli, presidente dell’ANP  (il maggior sindacato dei Presidi), durante la prima giornata del convegno “La scuola del futuro al MAXXI – Bellezza, efficacia, sicurezza”. Giannelli ha dichiarato che, al posto delle discipline scolastiche, bisogna mettere gli “argomenti”. Scopo finale di cotanta rivoluzione: eliminare le graduatorie, regalando ai dirigenti il potere totale di scegliere i docenti. Sulla base di cosa? Ma delle “competenze”, ovviamente. Delle quali, come è noto, tutto si sa, tranne cosa effettivamente siano. Entusiasti i politici della precedente maggioranza parlamentare, presenti anch’essi al convegno: Simona Malpezzi (PD), graniticamente certa che “la scuola del futuro” altro non sia se non “la scuola delle competenze”. Il senatore Mario Pittoni (Lega) ribadisce la propria volontà di abolire il valore legale del titolo di studio (Licio Gelli docet: era uno degli obiettivi del “Piano di rinascita democratica” della loggia massonica P2).

Edificio pericolante

Intanto dalla Scuola piovono calcinacci: ossia arrivano notizie tragiche. Più della metà dei minorenni non legge nemmeno un libro in un anno. I docenti continuano ad essere picchiati dagli alunni.

Inascoltati, i tecnici lanciano grida d’allarme sulla tenuta della struttura. Salvatore Settis, archeologo insigne, nel luglio scorso ha dichiarato, proposito della “didattica per competenze”: «La Scuo­la che è sta­ta con­ce­pi­ta in que­sti anni re­pri­me l’in­di­pen­den­za in­tel­let­tua­le in fa­vo­re del­l’ub­bi­dien­za». Ebbene, se il processo di ristrutturazione in tal senso dovesse venir completato, allora vorrebbe dire che davvero la Scuola come l’abbiamo conosciuta, e che ha trasformato l’Italia da Stivale di analfabeti in una delle massime potenze mondiali, è definitivamente crollata.

Alvaro Belardinelli

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