Scuola dell’obbligo a partire dai 3 anni di età e non più dagli attuali 6: è una proposta importante, storica, quella fatta il 27 marzo dal presidente Emanuel Macron e del governo guidato dal premier Edouard Philippe.
Secondo le agenzie di stampa la misura che dovrebbe diventare effettiva dal 2019, con il beneplacito proprio del primo cittadino transalpino.
Per la l’Eliseo, la decisione di ridurre l’età dell’istruzione obbligatoria da sei a tre anni traduce la volontà del presidente di fare della scuola un luogo di reale eguaglianza e un riconoscimento della scuola materna che non va più considerata come una baby-sitter universale o come la semplice preparazione alla scuola elementare.
Pienamente d’accordo si dice il ministro dell’Istruzione, Michel Blanquer, secondo il quale la scuola materna deve essere un luogo di affermazione e di socializzazione.
“La materna è la linea di partenza per lo sviluppo di ogni bambino”, ha detto il presidente inaugurando le Assises de la Maternelle, che fino al 28 marzo vedono riuniti un panel di esperti e specialisti dell’infanzia a Parigi.
“L’annuncio di una scolarizzazione obbligatoria dai tre anni – ha continuato Blanquer intervistato dal quotidiano Le Monde – è un modo di riconoscere l’importanza decisiva dei primi anni di vita per l’apprendimento”.
Tuttavia, c’è anche da dire che la misura è soprattutto simbolica: la maggior parte dei bambini francesi già frequentano le scuole materne a partire dai tre anni. In Italia, invece, non è così.
La scuola dell’infanzia, infatti, si regge in prevalenza sugli istituti gestiti a livello comunale. Inoltre, in diverse province, soprattutto del Meridione e delle Isole maggiori, la percentuale di bimbi con meno di tre anni che frequentano con regolarità la scuola è tutt’altro che alta.
A questo proposito, si ricorda che l’ultima proposta di avvio anticipato della scuola dell’obbligo, a cinque anni di età, fu formulata ormai quasi vent’anni fa dall’allora ministro Luigi Berlinguer, senza però alcun seguito.
Il problema non è solo di carattere politico e di indirizzo formativo: anticipare l’obbligo formativo comporterebbe una spesa non indifferente per lo Stato centrale, sia per l’allestimento di nuove strutture scolastiche, l’allestimento di altrettante dirigenze e amministrazioni, oltre che per un corpo docente (con annesso personale Ata, in particolare collaboratori scolastici) aggiuntivo dall’entità non indifferente.
Nel nostro Paese, un’apertura per l’anticipo a cinque anni di età, piuttosto timido per la verità, era arrivato lo scorso anno dalla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, nell’ambito della revisione dei cicli e quindi, probabilmente, azzerando la spesa con la chiusura dell’intero percorso, alle superiori, a 18 anni anziché a 19 anni.
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