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Settimana corta a scuola, è polemica oltreoceano e in Europa. È davvero utile?

L’attuale crisi bellica, e conseguentemente economica e finanziaria, ha messo al centro commodities, l’approvvigionamento strategico a livello energetico, i rapporti di forza, merci e forniture globali. Tutto il sistema paese, specie in seno al continente europeo, rischia il tracollo produttivo per via dei prezzi in crescita, non potendo garantire l’espletamento dei servizi di base, tra cui scuola, formazione, cultura e via discorrendo.

La proposta di una settimana corta, oltre all’intervento diretto sugli edifici scolastici è al vaglio degli Enti Locali e Regionali i quali, proporzionalmente ai costi previsti per l’energia nel prossimo trimestre, si pronunceranno a favore o meno di una settimana didattica ridotta rispetto al normale, la quale richiederebbe delle integrazioni orarie quotidiane per i giorni di attività, come accade già negli USA (Colorado, Alabama, California) e nel Regno Unito (situazione propria di ogni singolo istituto formativo).

Il dibattito didattico statunitense: quali i fini di una settimana corta? È polemica al Congresso

Le scuole statunitensi hanno sperimentato una settimana di quattro giorni già negli anni ’30, durante la nota crisi finanziaria. Quando i prezzi del gas sono aumentati vertiginosamente negli anni ’70, gli amministratori hanno cercato di risparmiare sui costi del trasporto pubblico locale e sui consumi degli edifici pubblici. Sulla scia della crisi finanziaria del 2008, un’altra serie di istituti ha adottato la pratica per far fronte alla contrazione dei budget. 

Più di recente, lo sconvolgimento della pandemia da COVID-19, con il suo passaggio all’apprendimento online e ibrido e l’ulteriore stress per insegnanti, studenti e famiglie, potrebbe aver reso alcuni distretti scolastici più aperti a cambiamenti radicali. La settimana di quattro giorni è ancora principalmente limitata alle piccole scuole rurali negli stati degli Stati Uniti a ovest del Mississippi, dove le distanze di viaggio sono maggiori e l’assunzione di educatori qualificati è una sfida, ma anche realtà più concentrate quali Alabama e California si prestano ad adottare la settimana corta.

I dubbi e le perplessità circa tale organizzazione, intervento e strategia sono notevoli: sono in molti a ritenere che i livelli di attenzione degli studenti sono inversamente proporzionali allo stress temporale a cui sono sottoposti. Il Congresso statunitense a breve renderà note delle linee guida, in collaborazione con i rispettivi Provveditorati all’Istruzione, per l’allestimento di settimane scolastiche ridotte.

E nel Belpaese? Una questione energetica e strategica

Sono numerosi i plessi scolastici nel nostro paese a rendere nota l’intenzione di discutere in sede di Consiglio d’Istituto l’eventualità, nel caso di costi estremi atti a garantire utenze di base quali elettricità e gas, di condurre le lezioni facendo uso della settimana corta al fine di salvaguardare l’istituto da stress energetico. Sono nel settentrione, al momento, le scuole che appoggiano l’iniziativa per via delle temperature invernali sempre più rigide a causa di eventi estremi dettati dal cambiamento climatico.

I presidi, specie nel Padovano, risultano divisi circa l’effettiva e reale utilità della settimana corta, preoccupati, almeno alcuni, per gli effetti organizzativi e produttivi sulla didattica continua, già interessata da stravolgimenti qualitativi in sede pandemica. 

Andrea Maggi

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