Dirigere la scuola è un impegno complesso. Che comporta anche errori. Ma non nel campo della sicurezza: su quello, non si può sbagliare. A sostenerlo è la Corte di Cassazione, che ha condannato ad un mese di carcere, pena sospesa, per lesioni colpose gravi una preside e il responsabile del piano di sicurezza del liceo ‘Pisacane’ di Sapri, in provincia di Salerno, per la caduta di uno studente precipitato a seguito dell’apertura di un lucchetto che teneva chiusa la porta di un solaio con fragili lucernai. Una causa civile stabilirà l’entità del risarcimento che i due responsabili dovranno versare alla vittima, oltre ai 15mila euro di provvisionale immediatamente esecutiva.
I supremi giudici hanno spiegato che il dirigente scolastico è responsabile della sicurezza degli allievi – la cui incolumità non può essere garantita da “misure artigianali” come i lucchetti – come se si trattasse di suoi dipendenti, e le scuole vanno considerate come luoghi di lavoro. E non importa se il preside non è il proprietario e non ha poteri di spesa per tamponare i rischi.
Il dirigente – e qui vengono le dolenti note – deve attivarsi innanzitutto con un piano anti-rischio che non sottovaluti alcun dettaglio, nemmeno le magagne che risalgono alla notte dei tempi, e poi deve sollecitare l’intervento delle Province senza ricorrere a soluzioni ‘fai da te’.
Per la Suprema Corte, il lucchetto è un escamotage “artigianale” non adeguato poichè, accidentalmente, anche solo per rinfrescare l’aria come avvenuto in questo caso che risale al sette luglio 2011, il lucchetto può essere rimosso.
A nulla sarebbero valsi dei cartelli di allerta, obietta la Cassazione dato che il ragazzo precipitò dopo essere inciampato nella battuta a terra della porta privata del lucchetto dalla bidella. La quale non ha alcuna colpa perchè non aveva ricevuto formazione sui rischi.
Secondo la Cassazione, le situazioni che presentano fattori di insicurezza vanno risolte senza ‘mezze misure’, se serve con richieste alle Province anche se l’immobile è del Comune, e anche quando le insidie sono presenti fin dall’epoca di progettazione della scuola, prosegue il verdetto 37766 degli ermellini replicando alla preside che si è difesa, tra l’altro, dicendo che quel lucernaio c’era da sempre.
Correttamente, sottolinea la Cassazione, è stata condannata per “il mancato inquadramento ‘ab origine’ del rischio rappresentato dalla presenza di aperture coperte da fragili cupolini di plexiglass e sia per la insufficiente gestione successiva del rischio”.
La circostanza che lo studente, che si è laureato in legge dopo aver subito diversi interventi alla testa, ed essere stato in coma, quella mattina si trovasse a scuola solo per assistere all’esame orale di un suo amico, avendo già sostenuto la sua prova giorni prima, non esonera da responsabilità: le prove orali della maturità hanno “svolgimento pubblico” e chiunque può assistervi, conclude la sentenza.
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