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Successo e caduta del romanzi d’appendice nell’Europa di fine Ottocento

Fra le più distensive letture, ci sono sicuramente le riedizioni dei feuilleton, i romanzi cosiddetti di appendice che, a partire dal 1836, invasero le pagine dei grandi giornali, francesi innanzitutto, e poi anche di quelli italiani. 

Il motivo di pubblicare racconti inediti e a puntate fu all’epoca di natura soprattutto economica, perché i lettori, avvinti dalle infinite trame di questa sorta di serial del tempo, correvano a comprare il giornale, interessati più alla puntata successiva che alla attualità delle cronache. 

E infatti gli scrittori proprio a questo fine usavano il marchingegno narrativo dell’attesa, dell’interruzione al momento culminate, manipolando, muovendo, ritirando o aggiungendo personaggi, allargando e raccontando magari altre storie e altri brani che in un modo o nell’altro si integravano nel filo conduttore del racconto.

Anche se non tutti i romanzi a puntate avevano questa caratteristica (quelli di Honoré de Balzac per esempio), il classico feuilleton ha una struttura per lo più a cerchio che a sua volta, per congiuntura temporale o accidente fatale, ne aprono altri, all’interno dei quali si aggiungono ulteriori nozioni e informazioni, personaggi, luoghi, situazioni e sempre con lo scopo di fare aumentare la suspense e per allargare la trama,  e quindi l’attesa del lettore che deve così seguire diverse vicende tutte fra loro indissolubilmente tessute. 

Tuttavia questa letteratura, che fece la sua fortuna fino a circa la metà del secolo scorso, ebbe anche una funzione sociale e politica, tant’è che in Italia, a seguito del successo di Eugene Sue con l’anticlericale e liberale “L’ebreo errante”, il gesuita Antonio Bresciani rispose, nel 1850 su “Civiltà Cattolica”, con “L’ebreo di Verona” che, oltre a essere il primo feuilleton italiano, si distinse per la sua natura antirisorgimentale e antiliberale: in pratica un’appendice di giornale del tutto reazionaria.

E non solo, l’avanzata della rivoluzione industriale fu per questo tipo di romanzo materia ghiotta di scrittura, con “padroni di ferriere” senza scrupoli, opifici disumani e maleodoranti, manicomi penali e ospedali dove si consumavano ingiustizie e disparità. Ma anche le cosche criminali e il richiamo al medioevo, sulle orme di Dumas, furono presi dai cantucci della letteratura per affermare l’idea di nazione e pubblicati sui giornali. 

E così mentre in Francia Ponson du Terrail favoleggia di “Rocambole” e dei “Misteri di Parigi”, in Italia Luigi Natoli, tra il 1909 e il 1910, disserta sui “Beati Paoli”, con 239 puntate sul “Giornale di Sicilia”, illustrando l’origine della mafia in versione romantica e giustizialista. 

Per altri vicoli Carolina Invernizio, dopo l’Unità, si dà da fare sul perenne scontro tra bene e male e, tra le tenebre di una Torino cupa, il poliziesco e il thriller si incontrano per storie ispirate spesso dalla cronaca, come: “Il bacio di una morta”, “La sepolta viva”, “I misteri delle soffitte” e “I misteri delle cantine”. 

Sui bassifondi napoletani cammina invece Francesco Mastriani, il vero erede di Sue, scoperchiando anche lui “La sepolta viva” o dando voce a “La cieca di Sorrento”, ma soprattutto descrivendo “I misteri di Napoli”, mentre nella Venezia del 500 si sviluppa la trilogia del “Ponte dei sospiri” di Michel Zévaco. 

E in questa avventura letteraria, che precorre le “soap opera” tanto care a un certo pubblico televisivo dei nostri giorni, troviamo, non solo “Cantoni il volontario” e “Clelia o il governo dei preti” del mitico eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi, ma anche il romanzo “Claudia Particella, l’amante del cardinale” del futuro duce d’Italia, Benito Mussolini che lo pubblicò sul “Popolo” di Trento nel 1910. 

Un feuilleton a sfondo anticlericale dunque, ma ciò che lo contraddistingue sono banalità e violenza, ciò che in fondo pensava volesse il pubblico del tempo. 

Trovare in libreria questi romanzi, oggigiorno, è assai difficile, tranne qualche residuo di magazzino, mentre è assai più facile rintracciarne qualcuno tra le bancarelle disposte nelle più affollate piazze dei paesi turistici. 

E se la fortuna è benigna, qualche giorno di assoluto abbandono letterario, ma anche trasgressivo, visto i successi delle “sfumature” colorate d’America  o dei maghetti inglesi, si impadronirà anche del lettore più raffinato.  

Pasquale Almirante

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