Categorie: Politica scolastica

Unicobas: ecco cosa deve fare il prossimo Governo

L’Unicobas non ci sta: un governo Gentiloni sarebbe in perfetta continuità con quello precedente e quindi del tutto incongruente rispetto al voto del 4 dicembre.
“Dopo un 60% di NO – dichiara il segretario nazionale Stefano d’Errico – Mattarella e il Parlamento rispondono con un governo del SI”
L’Unicobas ha anche una propria idea su come reagire: “Dobbiamo costruire iI fronte del ‘NO SOCIALE’ e mobilitarci immediatamente per pretendere che Gentiloni si ritiri e che nel prossimo Governo non ci siano esponenti di partito facenti parte della schiera del SI.
Siamo disposti ad accettare solamente un Governo strettamente a termine e che si impegni prioritariamente nell’attuazione delle seguenti misure urgenti:

  • immediata revisione della legge elettorale con un ritorno a un sistema proporzionale
  • immediato ricorso al voto entro aprile 2017
  • abolizione completa della legge 107
  • abolizione del Jobs Act e ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori
  • abolizione della legge ‘Sblocca Italia’
  • ritiro dell’incostituzionale controriforma della Pubblica Amministrazione
  • devoluzione del 6% del PIL all’istruzione”

L’Unicobas intende però capitalizzare il voto referendario anche per riproporre una vecchia – ma sempre attuale – rivendicazione politica e sindacale:  l’abrogazione della legge sulla rappresentanza sindacale del 1997 per il settore pubblico che impedisce elezioni democratiche su lista nazionale
Ma perchè l’Unicobas insiste sempre su questo punto?
“Perchè – spiega d’Errico – è una legge  che nega persino il diritto di assemblea in orario di servizio al sindacalismo di base. Se poi la mettiamo insieme alle norme sulla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego introdotta con il decreto legislativo 29 del 1993 il cerchio si chiude: è proprio grazie a queste norme, infatti, che i docenti non potranno mai essere considerati professionisti dell’educazione ma semplici impiegati con un contratto che non consente in nessun modo aumenti stipendiali degni di questo nome”.

Reginaldo Palermo

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