Didattica

Va bene il docente digitale, ma in classe

Secondo il Rapporto Italia 2021 dell’Eurispes, basandosi anche sulle indagini svolte nel Rapporto Coop 2020, proporre la figura del docente digitale rappresenta una sfida non solo per il governo ma per l’intera società italiana.

Ma non solo, si fa sempre più strada l’idea che la scuola deve essere al centro della rinascita culturale ed economica italiana. 

Un risultato sorprendete se si pensa che qualche anno addietro, ancora prima della pandemia, la scuola era la cenerentola della Nazione, le si tagliavano fondi, insegnamenti e si prospettava una sorta di dura competizione con il privato. Della importanza strategica della scuola e della sua funzione di maestra di vita e di sapienza si dissertava spesso anche in tono ironico, tanto che fu detto pure che la “cultura non da pane”. 

La pandemia, paradossalmente, ha messo in luce invece che la scuola non solo è il fondamento culturale e l’humus da cui verdeggia l’avvenire di un popolo, ma anche il luogo della socializzazione, del principio di cittadinanza, della crescita civile, nonché l’architrave su cui si può reggere il principio di parità, uguaglianza e di opportunità del Paese. 

In altre parole, i principi basilari della Costituzione trovano applicazione solo sulle fondamenta della scuola: democratica, aperta a tutti, libera e soprattutto pubblica, senza cioè pastoie partitiche e i cui docenti vengono reclutati su titoli ed esami e non su appartenenze ideologiche.

La democrazia si esercita con la sapienza e la libertà politica si acquista con l’indipendenza economica e dunque col lavoro che una istruzione solida può meglio garantire. 

E se ne sono accorti anche, come riferisce il rapporto Eurispes, il 42% dei manager italiani per i quali l’istruzione è una delle leve prioritarie dell’azione di governo per la ripresa post-pandemia, mentre per il 61% degli italiani, la priorità è quella di modernizzare gli strumenti della didattica; per il 40% degli intervistati, tutto questo si attua anche favorendo l’accesso degli studenti alle tecnologie, come i computer, tablet, collegamenti veloci, ecc. 

E appare pure singolare un altro dato e cioè che solo il 7% degli intervistati potenzierebbe gli strumenti della didattica a distanza che equivale a dire: lasciamo che siano sempre coloro che hanno più possibilità di istruirsi attraverso la tecnologia, isolando i più deboli, mettendo sotto stress docenti e didattica, impedendo che la scuola aggreghi e unisca.

Per la maggioranza degli italiani, tolto quel 7%, il modello futuro dell’istruzione oltre a dover essere moderno, tecnologico e interculturale, deve però rimanere in classe. 

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Pasquale Almirante

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