Nella giornata di martedì 13 febbraio riprende nella Commissione Cultura del Senato l’esame del disegno di legge sulla riforma delle modalità di attribuzione del voto di comportamento.
Come abbiamo già avuto modo di spiegare il ddl si è “arricchito” di recente di un paio di emendamenti piuttosto importanti.
Uno è firmato dal senatore Paolo Marceschi (FdI) e prevede di portare ordinamento il metodo Montessori nelle classi di secondaria di primo grado che da anni conducono una sperimentazione in tal senso.
Un altro emendamento è stato presentato dal Governo e prevede l’abrogazione delle attuali norme in materia di valutazione nella scuola primaria.
L’emendamento stesso stabilisce che, d’ora innanzi, nella scuola primaria si useranno “giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti”.
In pratica si dovrebbe ritornare al “buono, ottimo, distinto, discreto, sufficiente” e altri termini simili.
La notizia di questa proposta del Governo sta ricevendo commenti contrastanti.
Molte associazioni professionali dei docenti parlano di un “passo indietro” e di un ritorno a vecchie logiche antipedagogiche.
Ma nei social si leggono anche tanti commenti di insegnanti che si dicono soddisfatti (“Era ora” esclamano in tanti).
Al di là delle opinioni che si possono avere sull’argomento resta il fatto che l’attuale modello di valutazione entrò in vigore nel corso del 2020/21 e in questi anni è “costato” non poco sia per l’investimento economico (corsi di formazione organizzati dal Ministero, dagli USR e dalle scuole stesse) sia per l’impegno che ha richiesto ai docenti.
Come spesso accade nel nostro sistema scolastico, su questa “novità” non è stato condotto alcun monitoraggio e quindi non sappiamo se davvero abbia portato dei vantaggi o se debba essere corretta o addirittura cancellata.
E così, come è accaduto tante altre volte, la scelta fra continuare, correggere e abrogare sta seguendo una logico puramente politica.
Se fra qualche anno il centro-sinistra dovesse tornare a governare dovremo quindi aspettarci un ritorno alla “riforma Azzolina”? Il dubbio è piuttosto fondato.
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