I lettori ci scrivono

Violenza e giovani, lettera aperta alla ministra Fedeli

Il sonno dell’educazione genera mostri e intervento della forza pubblica”…e, aggiungiamo noi (Educatori e Pedagogisti Italiani APEI), anche medicalizzazione dei bisogni di crescita e di apprendimento.

Grave compito è il suo, ma anche appassionante, entusiasmante, per il futuro del mondo, se potesse trovare efficaci e fidate alleanze per la scuola e l’educazione dei giovani.

Giovani lasciati allo sbando più completo, costretti agli atti di bullismo a scuola e di violenza inaudita per le strade delle città. Giovani lasciati fuori da contesti educativi famigliari e scolastici che, per sentirsi importanti ed essere presi in considerazione sono costretti a compiere atti di violenza sui più deboli. Giovani adolescenti capri espiatori di una scuola e di una società senza educazione.

Le analisi di Frank Furedi sul “”nuovo conformismo troppa psicologia nella vita quotidiana” si potranno condividere o meno ma lasciano il dubbio che forse stiamo sbagliando di grosso a pensare che si possa risolvere il benessere a scuola, attraverso la cultura “teapeutica” in senso clinico, importata dagli Stati Uniti d’America – con l’ingresso in pianta stabile degli psicologi.  I ragazzi a scuola hanno bisogno di ascolto pedagogico e di accompagnamento alla crescita, e non di etichette e dispense da parte di sanitari.

Educare prima di tutto! Cosa che lo psicologo non può fare perché non è il suo mestiere  e non è formato allo scopo.

Non si tratta di capire le ragioni misteriose che spingono una “psiche” ad agire in modo violento, non si tratta di capire gli impulsi “inconsci” che spingono alla violenza i giovani, si tratta di prevenire ed educare alla pace e alla non violenza fin dalla tenera età,  modificando le condizioni di vita degli ambienti socioculturali ed educativi dai quali provengono questi giovani. ma per questo occorrono  interventi sociali, pedagogici e politici importanti, coordinati ed accompagnati da pedagogisti ed educatori nella scuola.

Per questo occorre uno spazio pedagogico: per promuovere la cultura del dialogo e della comunicazione empatica, per promuovere  il confronto e per rendere protagonisti gli studenti, per costruire valori che riconoscano come propri, attraverso -per esempio – l’incentivazione di forme di partecipazione democratica degli studenti: il consiglio degli studenti, dove i giovani imparano le regole della convivenza democratica e della legalità…dove si riuniscono i rappresentanti di ogni classe per contribuire alla gestione del bene comune che è la SCUOLA e non per azioni vandaliche sui coetanei più indifesi. Cosa può fare qui il pedagogista?

Con la sua presenza continua e non sporadica, accompagna il corpo docente e discente ad una comunicazione empatica che promuove comprensione reciproca. Può promuovere incontri con assemblee tra gli studenti in ogni classe per farli discutere sui problemi della vita di classe, prendersi cura dei compagni a rischio di dispersione scolastica, denunciare le sopraffazioni e gli atti di bullismo, proporre forme di aiuto e collaborazione. Occorre permettere loro di esprimersi, altrimenti lo faranno a modo loro, perché il bisogno di espressione, di protagonismo  e di amicizia, nel bene o nel male, è un bisogno di sopravvivenza dell’attività cerebrale, allora facciamo in modo che si esprimano nel bene, e nell’interesse collettivo.

[…] L’amicizia diventa la questione capitale. Si scopre la sessualità, gli innamoramenti, i rapporti esclusivi e con essi il controllo sull’altra persona” […]   la mal-educazione, la mancanza di ascolto e comunicazione  sono  alla base dei fenomeni di bullismo o dell’abbandono scolastico. […] Non é un caso che il cosiddetto bullismo cresca a vista d’occhio, soprattutto nell’età della prima  adolescenza. Il controllo sulla propria vita e il non ascolto avviene a volte anche nella propria famiglia e si vivono anche i primi conflitti con i genitori […] ( Zavalloni G.Franco, La pedagogia della lumaca” )

Senza ascolto, comunicazione empatica, educazione alla solidarietà e alla pace,  prevale l’ideologia del capo branco, che nasconde la sua incapacità relazionale ed affettiva con la  violenza del gruppo e con la complicità degli adepti: adolescenti che si macchiano di delitti efferati senza neanche rendersene conto. Bambini di 10 anni che in gruppo, con altri più grandi, picchiano selvaggiamente dei senza casa… una mostruosità, generata dal sonno dell’educazione.

Il dialogo empatico e l’intervento concreto pedagogico è differente, non è quello psicologico e nella scuola deve avere la preminenza, per potere educare, prevenire, promuovere solidarietà, aiuto reciproco, comunicazione e pace, nei rapporti a scuola.

La scuola ha bisogno di più educazione  e della sua scienza la Pedagogia “motore di trasformazione”  Una pedagogia  scienza  dell’ “uomo” che parla le tre lingue di Papa Francesco, quella della mente, quella del cuore e  quella delle mani.

Alessandro Prisciandaro (APEI)

Ermanno Tarracchini (APEI)

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