Home I lettori ci scrivono Perché eliminare la Dad dopo che abbiamo imparato ad usarla?

Perché eliminare la Dad dopo che abbiamo imparato ad usarla?

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Il Miur ha da poco sancito la definitiva fine della DAD: i positivi staranno a casa senza poter seguire le lezioni online, così pure i lungodegenti o affetti da patologie che impediscono la presenza in classe.

Grande successo: il demoniaco strumento causa di tanti fallimenti (considerato la salvezza nel primo lockdown) verrà finalmente vietato! Meglio che i ragazzi malati se ne stiano a casa soli davanti alla TV o sui social: basta eliminare la parola DAD per salvarli dai pericoli dell’iperconnessione!

Non importa se si sono spesi centinaia di milioni per dotare le scuole di devices e connessioni, non importa se i docenti hanno imparato con fatica a fare videolezioni, gestire gruppi online, utilizzare tavolette grafiche: tutti questi materiali e questa esperienza vanno gettati in nome del ritorno alla sana normalità!

Si sa che l’apprendimento passa in gran parte attraverso la fisicità e l’empatia (che non è affatto garantita dal solo essere in presenza) e che ore davanti al PC sono deleterie fisicamente e mentalmente. Ma perché non ammettere che il modo di imparare e comunicare è cambiato e che i nuovi strumenti hanno grandi potenzialità positive? Oltre a raggiungere gli studenti malati (fornendo, attraverso la lezione, un aiuto anche psicologico), si può dare la possibilità di partecipare online alle attività pomeridiane anche a ragazzi con problemi di trasporto nonché gestire diversamente la didattica.

Un mio collega ha aperto un canale YouTube in cui tratta i vari filosofi, dedicato ai suoi studenti ma accessibile a tutti. Io ho costruito la biblioteca virtuale di tutte le mie lezioni (sempre in fieri): i ragazzi possono in ogni momento recuperare un argomento, chiedere dubbi o proporre idee non solo in classe, ma anche via mail o in chat. Ed è aperta a colleghi e genitori: la vera libertà di insegnamento non è spiegare a porta chiusa, cancellando poi la lavagna per non condividere il “sacro verbo”, ma scegliere un percorso in cui si crede e portarlo avanti con coerenza, trasparenza, collaborazione e tutti gli strumenti utili.

E bisogna saper rischiare: molti sono contro l’uso della DAD per i malati perché credono che i ragazzi possano inventare scuse per imbrogliare. A parte che è meglio un malato immaginario che sfrutta la DAD che un vero bisognoso lasciato da solo, a parte che per le riunioni dei docenti i collegamenti si possono ancora usare (comodità per noi sì, per loro no), credo che solo se noi vediamo positività nei ragazzi possiamo sperare che la vedano anche loro.

Cristina Agazzi

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