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Dispersione scolastica: per combatterla bisogna cambiare la didattica e fare più orientamento [INTERVISTA]

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Alla riduzione della dispersione e all’orientamento sono destinate molte delle risorse previste dal PNRR.
E nelle scuole si sta lavorando molto proprio per far decollare progetti e attività.
Ne parliamo con Marco Campione, esperto di politiche scolastiche.

Si fa un gran parlare in questa fase di dispersione; pensa che il problema della dispersione sia davvero una priorità in questo momento?

Assolutamente sì. O meglio, non so se lo sia per tutti, ma certamente dovrebbe esserlo. I numeri sono implacabili: sia se la consideriamo nella sua accezione più comune, ovvero come sinonimo di abbandono scolastico, sia se la consideriamo nella sua accezione più ampia ovvero “quel complesso di fenomeni consistenti nella mancata o incompleta o irregolare fruizione dei servizi dell’istruzione da parte di ragazzi e giovani in età scolare”, per stare alla definizione della Treccani.

Abbiamo qualche dato più preciso?

Le stime del ministero sull’abbandono, precedenti agli anni del Covid, ci parlano di circa 100 mila studenti che ogni anno abbandonano la scuola: ogni anno una città di medie dimensioni esce dai radar nell’indifferenza generale. Se utilizziamo come indicatore il tasso di dispersione standard a livello internazionale (i 18-24enni senza un titolo di scuola secondaria superiore), questo è intorno al 13,5%. A questi dovremmo aggiungere i dati della dispersione implicita, studenti che terminano gli studi e si diplomano ma secondo le rilevazioni Invalsi hanno livelli di competenze che corrispondono agli obiettivi formativi previsti per gli studenti di “terza media”: sono circa il 5-6%.
Sono numeri che disegnano una scuola ancora profondamente diseguale. Non credo sia difficile immaginare a quali classi sociali appartenga la stragrande maggioranza se non la totalità dei “dispersi”.

Si pensa di aggredire aggredire la dispersione con i fondi del PNRR per attività progettuali o per migliorare le dotazioni digitali; le sembra la strada giusta?

Teniamo da parte Scuola 4.0, che ha o dovrebbe avere un impatto anche a prescindere dalla dispersione. Dedicare al contrasto dei divari una parte importante dei finanziamenti Pnrr, con una specifica azione è stata una scelta saggia. L’obiettivo è ambizioso: realizzare, entro fine 2024, attività di tutoraggio per almeno 470 mila giovani a rischio di abbandono scolastico e per almeno 350 mila giovani che hanno già abbandonato la scuola; ridurre, entro il 2026, il tasso di dispersione al 10,2%. Ovviamente non basta, ma è una scelta condivisibile. Su questo si sono anche innestate le nuove linee guida sull’orientamento: è fondamentale che tutte le azioni messe in campo disegnino un quadro coerente.

Non bisognerebbe forse intervenire innanzitutto sul modo di fare scuola?

Certamente. Ma come si interviene sul modo di fare scuola? È quello che propongo quando dico che servono interventi coerenti. Anche perché se docenti e dirigenti non si sentono ingaggiati in una sfida della quale comprendono la cornice di riferimento, nessun cambiamento riuscirà mai a farsi sistema. Bisogna dare il tempo alle innovazioni di “formare le consuetudini, senza cui non valgono le leggi”, scriveva un secolo e mezzo fa il ministro Coppino, relazionando al re Vittorio Emanuele II.
Il problema è che anche quando la coerenza c’è, chi governa fa fatica a valorizzare quanto di buono fatto dai predecessori e quindi anche le scuole non sempre sono incentivate a ragionare con tempi lunghi. E così ogni “riforma” o presunta tale viene accolta con un eccesso di scetticismo, vedendoci solo un ennesimo orpello burocratico. Faccio solo un esempio, in parte collegato alle cose che ci stiamo dicendo: c’è una linea di coerenza tra la riforma dei professionali fatta da Fedeli, quella degli ITS voluta dal Parlamento durante il governo Draghi e le novità annunciate da Valditara sulla riforma dei tecnici. Se si andrà avanti su quella strada, che è quella della personalizzazione, della essenzializzazione dei saperi e della centralità dello studente, ecco che sarai, senza grandi proclami di grandi riforme, intervenuto sul modo di fare scuola.

Formare di più gli insegnanti e selezionarli meglio potrebbe servire?

Vasto programma avrebbe detto De Gaulle. Forse un po’ meno di quello di mettere a morte tutti i cretini, ma comunque difficile da realizzare. Anche su questi obiettivi, comunque, il Pnrr prevede interventi ambiziosi, che sono già norma: è però presto per dire se la riforma del reclutamento e l’alta scuola di formazione del personale saranno un’occasione persa oppure no.

Quanto potrebbe servire migliorare le attività di orientamento?

È il cuore del problema, sia quando si ragiona di primo che di secondo ciclo. E i soggetti coinvolti nelle scelte sono tanti, le variabili molteplici. Ecco perché anche questo, ne sono consapevole, è un cambiamento non facile. Alcuni elementi però mi fanno essere ottimista.

Per esempio per la prima volta le indicazioni che sono state date sono accompagnate da risorse economiche significative. Si pensi solo che la nuova figura del tutor sarà retribuita. Le linee guida come tutte le novità possono spaventare ma se le scuole saranno accompagnate nella loro messa a terra abbiamo finalmente l’occasione per mettere al centro delle attività di orientamento le studentesse e gli studenti, con le loro aspirazioni e i loro talenti.
Si dice spesso che l’orientamento è difficile perché, soprattutto nel primo ciclo, le famiglie svolgono un ruolo molto rilevante e poco “controllato” dalle scuole. Ma anche questo è un circolo vizioso che si può interrompere e trasformare in virtuoso: se le attività di orientamento diventano davvero parte integrante del percorso scolastico e non sono un consiglio estemporaneo che le famiglie e gli studenti si vedono recapitare all’improvviso; se le aspirazioni e i talenti del ragazzo sono presi in carico dal sistema scolastico in modo costante con il portfolio; se a scuola ci sono molteplici figure di riferimento capaci di intercettare il disagio, ma anche di valorizzare le eccellenze… sono tanti se, è tanto lavoro per tutti, ma in ballo c’è il successo di ciascun ragazzo, quindi il fine ultimo di una scuola autenticamente democratica.

Per approfondire i temi dell’intervista e per saperne di più sulle linee guida per l’orientamento sarà possibile seguire la tavola rotonda coordinata proprio da Marco Campione martedì 21 marzo dalle 17 alle 18.30.
Con Campione saranno presenti Damiano Previtali, dirigente del Ministero dell’Istruzione e del Merito, Mariapia Pedeferri, delegata del Rettore per la Promozione e l’Orientamento presso il Politecnico di Milano, Alessandra Rucci, dirigente scolastico, Claudio Soldà, Corporate Social Responsabilità & Public Affairs di The Adecco Group Italia.
Qui il link per iscriversi gratuitamente all’evento: https://bit.ly/3ZSQOQX