Home I lettori ci scrivono A settembre la scuola italiana non cambia in meglio o in peggio?

A settembre la scuola italiana non cambia in meglio o in peggio?

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“Dice la giovanissima preside e ministra grillina dell’Istruzione Pubblica: “Vogliamo fare scuola anche fuori dalla scuola: portiamo gli studenti nei cinema, nei teatri, nei musei, facciamo in modo che respirino la cultura di cui hanno bisogno. Portiamo anche i più piccoli al parco quando il tempo lo consente a fare lezione”.

E per farlo, ha detto la ministra, “è chiaro che abbiamo bisogno di più spazi”. Conte dice: ”vogliamo una scola più sicura, moderna e inclusiva”, parole di circostanza prive di contenuto reale”.

I media incensano i nostri peggiori politici, oscurano i migliori in nome del popolo sovrano che li ha delegati con il voto, ma già cambiato da 2 anni. Vogliamo leggere anche altri media superpartes e per il popolo reale e non solo i media di centrosinistra, Repubblica in primis. Gli oltre 50 miliardi spesi annualmente per aprire le aule a 8 milioni di studenti e a 800 mila docenti non bastano più per mantenere l’attuale sistema statale e statalista di uno Stato vassallo che tratta il cittadino ancora come un suddito imponendogli una scuola pubblica ad oltre il 90% dei suoi sudditi, resi pecoroni.

Secondo Repubblica, ma anche dei cugini media minori, servono altri miliardi fino al 4,5% del Pil come in altri paesi europei. Così scrivono valenti opinionisti dell’intellighenzia di moda corrente, ma nemmeno una parola per marcare le differenze di qualità dei diversi sistemi scolastici esistenti in Francia, Olanda, Svezia, Gran Bretagna e Germania.

In nessun Paese c’è il primato, incontrato, di una scuola che vieta i diritti basilari degli studenti come il poter scegliere il docente disciplinare come si sceglie il medico generico della mutua o lo specialista, eppure anche l’istruzione è un servizio sociale non secondario.

In Veneto la scuola dell’infanzia fino a 6 anni è per il 65% privata o libera (afferma l’animatrice dell’Associazione “Veneto Vivo”), quella obbligatoria e medie superiori era al 17% non statale, poi ridottasi a circa 10% con la crisi del 2008 e col covid19. Nel 2017 più di 2 milioni di veneti hanno deciso di dare il loro sì al referendum che la chiedeva. Nonostante questo, tutto appare ancora confuso e poco chiaro, dice anche Veneti Vivo che aggiunge: ”Ma cosa significa davvero l’autonomia? Cosa manca per attuarla? Perché desta così tanto dibattito”, direi soprattutto per la scuola? Le nuove disposizioni del Ministero dell’Istruzione sono riuscite a far rimanere tutti scontenti.

A cominciare dai docenti, passando per i dirigenti scolastici, quinti il personale delle scuole, e per finire ai genitori. Ecco come scrivono i prezzolati opinionisti, ben pagati dall’editore si presuppone. Insomma i genitori vogliono soldi? Non mi pare! E ancora “il distanziamento la scuola, senza aule e senza docenti, rischia di non riaprire proprio a settembre 2020”.

Sulla ripartenza delle lezioni, infatti, i conti non tornano e così anche nel prossimo anno scolastico la didattica a distanza sarà inevitabile, questo lo scrive come se fosse un male, ma non è cola realtà. Proprio oggi la ministra dovrebbe ascoltare la Conferenza Stato regioni in merito alle linee guida sulla sicurezza per l’avvio del prossimo anno, nel mentre docenti e famiglie saranno in piazza in tutta Italia per manifestare e chiedere certezze. Ancora mistificazioni che la ministra ascolta chi e che cosa se non il Parlamento che è espressione della sovranità popolare.

Poveri presidi a leggere i media partigiani: ”Le questioni rimaste in sospeso sono ancora troppe: mancanza di aule capienti con il distanziamento alla carenza di personale docente e Ata, tutto nelle mani dei dirigenti scolastici che invece chiedevano indicazioni precise”.

Ma non è proprio così e si fa di tutto per creare altra confusione e stare a casa ancora altri mesi il prossimo anno scolastico? Perché no è così comodo per circa 1 milione di persone a cui lo stipendio corre normalmente senza svolgere il servizio se il governo con la giovane preside e  ministra li asseconda. Sono possibili voti elettorali? Non credo perché è finito il recinto sinistrorso degli “impiegati” della scuola a stragrande maggioranza con la testa tra le nuvole di non pochi media. “La scuola non può partire così, ci deve essere un patto a priori. Altrimenti non la apro, sono pronto anche a manifestare davanti al ministero. Nel mio istituto, per fare un esempio pratico, a settembre ci saranno 900 alunni, ma ho solo un 10% di spazi in più rispetto al massimo della capienza. Come farò?” – la denuncia di alcuni presidi.

Poverini come si preoccupano di altri spazi, difficili da trovare durante l’estate che incombe! E i media gli danno man forte scrivendo: ”Difficile appare dunque il reperimento degli spazi per creare nuovi ambienti didattici, con gli enti comunali e le Province che dovranno fornire alle stesse istituzioni scolastiche altre strutture, come musei, parchi o addirittura ville all’aperto. Inoltre, se gli ambienti aumentano, occorrerà aumentare anche il numero dei docenti. Insomma altra scuola di stato e addio la speranza di pensare ed auspicare una scuola libera che tratti il suddito da cittadino che ha diritto di ricevere direttamente dalla Regione di residenza, per figli meritevoli e bisognosi, le rette se frequentano le medie superiori e le borse di studio se all’università”.

Invece i media sono per far sapere:“La grande preoccupazione è che avendo predisposto le Linee guida senza un giusto investimento di risorse, si stia scaricando una grossa responsabilità sulle autonomie scolastiche col risultato di un quadro dell’istruzione legato alle differenze territoriali. Il rischio è di approfondire le disuguaglianze già presenti nel Paese”. 

In attesa di nuovi sviluppi, anche famiglie e docenti si riuniscono in Comitati: “Priorità alla scuola”, che oggi manifesterà in 60 diverse piazze italiane per chiedere la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza di tutte le scuole, dai nidi alle università, a tempo pieno. Pietro Calamandrei precisava bene l’evoluzione del suddito a cittadino, ricordato in epigrafe sul muro dell’Aula Magna della scuola media in territorio  italiano: A volte si ha l’impressione che per la nostra scuola nessuno gridi: ”mamma, mamma il Re è nudo”! In tutte le società ad economia attardada è più facile trovare il suddito e non il cittadino, ma in Italia il possessore di Ville di Roma antica che era un gentile (dalla radice linguistica gens) o nobile,  ha seminato per l’evoluzione del suddito in cittadino. Poi nel medioevo i gentili o nobili vassalli, pian piano, si sono evoluti in cittadini passando prima per borghesi o abitanti del borgo. Adesso sto scrivendo un saggio che fa perno sui castelli con i vassalli o gentili, ma spazia sull’intero globo, con 196 stati, e sottolinea l’evoluzione del suddito in cittadino, operazione che l’Homo sapiens tarda a compiere, ma pian piano, procede verso uno stato unico globale. In tale nuovo, sforzo editoriale soprattutto, si precisa che il suddito è presente laddove mai te lo aspetteresti e le cause sono sempre le stesse: dipendenze culturali ed economiche, opportunismi, virtù offuscate dal consumismo e da dipendenze patologiche, ecc.. L’Italia, con Roma antica e con il Rinascimento, ha ereditato molto dell’evoluzione del suddito in cittadino. Purtroppo, ha però ancora il più alto abbandono scolastico, il più basso numero di laureati, la più alta corruzione tra i paesi del G7, 860 miliardi annui (vedere la cronaca recente delle corpose tangenti di funzionari delle ferrovie milanesi per appalti pilotati), i politici con più facce e il gattopardismo imperante. Abbiamo però più semi o anticorpi del riscatto che altri popoli hanno in densità minore per risollevarsi dai vizi e seguire le virtù ad iniziare dall’ambiente scolastico, dove c’è il capitale immateriale basilare per tutto il resto”.

 

 

Giuseppe Pace