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Alcol tra i giovani, per sconfiggerlo non serve il proibizionismo

La scuola fa parte del pool di ‘agenzie’ educative, assieme alla famiglia e a media, che dovrebbero intervenire in modo deciso per combattere la piaga dell’alcol giovanile: ne è convinto Michele Contel, vicepresidente dell`Osservatorio permanente Giovani e Alcool, struttura di ricerca che da venti anni affianca la ricerca alcologica nazionale con studi di carattere psicologico e sociale oltre che di studi sulla popolazione.
Secondo Contel il problema dell’alcol non si risolve con il proibizionismo: sarebbe un errore strategico. E lo stesso vale per le nuove generazioni Anche perché in base ad una ricerca di Eurobarometro, resa nota pochi giorni fa, l`Italia, assieme al Portogallo, risulta tra gli ultimi Paese per i consumi di alcolici in Europa. Senza contare che dagli anni Sessanta ad oggi i consumi di bevande alcoliche sono calati in Italia quasi del 40%.
“L`allarme destato dai consumi eccessivi dei giovani – ha detto Contel – è reale ed è, ancora una volta, segno che le subculture giovanili stanno assumendo un approccio all`alcol tipico dei Paesi nordici. Una situazione certamente grave, che necessita di analisi e di interventi non solo e non tanto sul piano sanitario e legale quanto su quello della famiglia, della scuola e dei comportamenti sociali. Ma – prosegue Contel – accanto ad un giusto allarme per la crescita di consumi finalizzati allo `sballo`, si deve registrare nel nostro Paese anche la permanenza di un atteggiamento di `bere responsabile` abbastanza diffuso”.
La stessa ‘lettura’ dei dati statistici, relativa sempre ai consumi, andrebbe interpretata andando oltre i luoghi comuni: “una recente indagine Istat – ha continuato il vicepresidente dell`Osservatorio permanente Giovani e Alcool – ci parla anche della popolazione anziana e segnala un possibile abuso domestico di alcol. Ma, anche in questo caso, si deve essere prudenti: definire `abuso` due bicchieri di vino al giorno potrebbe banalizzare e di fatto annullare la nozione stessa di rischio e di abuso. Le zone di rischio duro e vero vanno contrastate con strumenti che incidono sulle cause reali di disagio, e non con proibizionismi generici estesi a tutta la popolazione”. Strumenti – come la sensibilizzazione al problema attraverso la presentazione di casi reali, in tutta la loro durezza, oppure la difficile ma preziosa opera di prevenzione – che la scuola può essere sicuramente in grado di svolgere.
 
Alessandro Giuliani

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