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Alunna di origini marocchine fugge dopo la maturità: “I miei mi volevano privare della scuola, la cosa più importante”

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Una storia di coraggio quella relativa ad un’alunna di origini marocchine che è riuscita ad andare per la sua strada e a diplomarsi con il massimo dei voti nonostante gli ostacoli che le hanno messo davanti i suoi genitori. Lo riporta Il Corriere della Sera.

La ragazza viene trovata subito

La 18enne ha frequentato una scuola nel salernitano, in Campania, un liceo scientifico. Dopo l’esame orale, svolto il 26 giugno, la ragazza ha volontariamente fatto perdere le sue tracce. L’allarme viene lanciato dal fratello che lavora in una pizzeria poco distante dal plesso scolastico. E’ notte e il tam tam di messaggi sulle chat di Whatsapp diventa sempre più fitto. La foto della ragazza rimbalza insistente sulle app di messaggistica istantanea. Le forze dell’ordine provano, in modo vano, a fermare gli appelli: gli inquirenti hanno paura che possa compiere un gesto estremo.

Il giorno dopo la giovane viene trovata. Dopo quasi un mese dall’accaduto la ragazza ha deciso di rompere il silenzio attraverso una lunga lettera pubblicata su GoFundMe, piattaforma americana di crowdfunding che consente alle persone di raccogliere fondi.

Il grido d’aiuto su GoFundMe

Alla 18enne servono soldi perché ha deciso di lasciarsi alle spalle la sua famiglia ed è andata definitivamente via di casa. Secondo quanto racconta, la diatriba con i familiari sarebbe iniziata tre mesi fa quando la famiglia ha “scoperto attraverso una conoscente – dice la ragazza – che fossi fidanzata e che mi vesto come una adolescente occidentale”. Da qui cominciano i problemi per la giovane.”Mi hanno immediatamente sequestrato il telefono e hanno letto tutte le mie conversazioni e visto tutte le mie foto in galleria. Mi hanno messa a nudo violando ogni mia piccola intimità. Mi hanno subito detto che per me la scuola è finita, che non ci sarei più andata anche se avessi supplicato fino alla morte. Mi volevano privare della cosa più importante della mia vita: l’unico posto in cui potevo dimostrare le mie capacità e in cui potevo essere me stessa. A questa notizia sono crollata. Ho dovuto supplicare 3 giorni continui mattina e notte senza dormire. Alla fine hanno acconsentito di farmi finire le superiori”, questo il racconto della ragazza, che ha deciso di aggrapparsi alla sua scelta di finire gli studi.

Al termine della prova orale la giovane ha provato a far perdere le proprie tracce aiutata dal fidanzato. Ma è stata raggiunta e affidata ai servizi sociali, come conferma anche il sindaco di Castelnuovo Cilento, il paese dove vive, Eros Lamaida: “E’ una vicenda triste, conosco la famiglia. Ad Amina abbiamo dato la cittadinanza italiana lo scorso 14 marzo e quel giorno era molto felice”.

“Mi hanno aiutata gli assistenti sociali che mi hanno portato in una struttura. Qui non mi sono riuscita ad ambientarmi e allora ho deciso di andare via. Ora sono da sola con pochi soldi e devo pensare al mio futuro”, ha concluso la ragazza.

Il caso ricorda quello della ragazza affidata alla preside

La storia ricorda quella della ragazza indiana che ha denunciato i familiari per maltrattamenti e costrizione al matrimonio, in un primo momento affidata alla preside e poi portata in una struttura protetta. Queste le parole del legale che l’ha iutata: “Ho ricevuto una richiesta di aiuto da parte di questa ragazza. Era andata a scuola, ma una volta arrivata a casa i familiari le hanno sequestrato il cellulare. E’ riuscita a comunicare con me grazie ai social, mi ha chiesto di vederci questa mattina. Padre, madre, zio e nonna la picchiano, la tengono segregata e le hanno preso i documenti perché rifiuta un matrimonio forzato, si è innamorata di un altro ragazzo”. 

Le ha così consigliato di sporgere denuncia, ma “non c’era nessuna possibilità di collocamento in protezione, se non metterla da sola in un b&b e se volevo avrei potuto dormire io con lei. Ora è stata affidata alla preside, una privata cittadina, mettendo a repentaglio la sua incolumità perché la famiglia la sta cercando. Io mi sarei aspettata che lo Stato rispondesse: è un codice rosso, sono reati gravissimi. Invece dopo cinque ore di pianti, ci si schianta contro la realtà. Gli strumenti ci sono ma non vengono applicati”.