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Ambienti scolastici innovativi con i fondi del Recovery Plan

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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con il quale si sta cercando di riorganizzare la ripartenza post-covid anche nella scuola, pone giustamente come priorità un nuovo approccio prossemico per migliorare il patrimonio edilizio delle nostre scuole per creare ambienti di apprendimento funzionali al ben-essere e ai percorsi di apprendimento.

Molti edifici scolastici in Italia sono stati costruiti subito dopo l’Unità d’Italia dagli stessi architetti che hanno costruito anche le numerose caserme necessarie per la sistemazione dell’esercito di leva e quindi poco funzionali a una didattica efficace.

Edilizia scolastica

L’anagrafe dell’edilizia scolastica censisce 41.000 edifici, di cui il 42% è stato costruito prima del 1971 e il 60% non è in possesso del certificato di prevenzione incendi esponendo Dirigenti scolastici a grossi rischi e responsabilità nella gestione della sicurezza.

Correttamente, quindi, nell’ambito del PNRR sono previsti molteplici progetti diretti alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio edilizio scolastico con l’obiettivo principale di consentire la messa in sicurezza di una parte degli edifici scolastici e di favorire una progressiva riduzione dei consumi energetici.

L’auspicio degli operatori scolastici è che questa occasione diventi, anche, un appuntamento per riscrivere le nuove caratteristiche logistiche degli ambienti di apprendimento, magari facendo tesoro delle “Linee Guida degli ambienti di apprendimento” messe a disposizione dall’Unione europea nel 2018.

Ambienti di apprendimento

A nessun pedagogista è sfuggito l’importanza e la connessione tnra organizzazione degli spazi e processo di apprendimento; si pensi a Freinet che colse la necessità di togliere la cattedra dalla predella per poi eliminarla del tutto, al fine di accompagnare i suoi studenti senza dirigerli; a Montessori che attribuì all’ambiente di apprendimento che doveva essere a misura di bambino, uno spazio che si adatta a chi lo vive, non il contrario. Si pensi ancora a Malaguzzi così attento alla progettazione di ambienti idonei a farsi contesti di apprendimento significativi dove “l’atelier” è il luogo di eccellenza per l’espressione e la valorizzazione dei “cento linguaggi”.

Chiunque abbia messo lo studente al centro del processo di apprendimento si è prima o poi scontrato con la rigidità dell’aula organizzata con i banchi in fila, evidenziando il fatto che l’ambiente si fa portatore di significati “silenziosi”, diventando esso stesso un costrutto pedagogico.

Lo stesso PNRR evidenzia come la scuola debba essere il luogo delle relazioni, aperto anche alla comunità educativa più allargata e come l’architettura possa contribuire a rendere distintivo l’ambiente educativo. Le scuole devono, quindi, diventare un insieme di “architetture relazionali” dove i muri non siano confini, ma “interfacce” per la socialità e il dialogo tra tutti. Si auspica quindi nel documento e nelle Linee programmatiche del Ministero del 4 maggio che la scuola debba essere attrezzata, articolata in diverse tipologie di spazi specializzati, riconoscibili nei colori e nei segni grafici e debba essere personalizzata e aperta al territorio, innovativa e sostenibile.

Pedarchitettura

Anche lo spazio esterno, si legge nei documenti ministeriali, deve essere concepito come una risorsa, da concertare con tutti gli attori della comunità attraverso metodi partecipativi, come ci suggerisce la pedarchitettura che valorizza le idee di docenti e studenti e bambini nella definizione delle caratteristiche degli ambienti di apprendimento.

Mettere la pedagogia alla guida dell’architettura nella progettazione degli spazi per apprendere permette di ripensare, riorganizzare e/o trasformare un’aula o un edificio scolastico in una scuola bella, accogliente, empatica. Quando un ambiente è flessibile, aperto ad ospitare i linguaggi e le diversità espressive degli studenti, si trasforma da “spazio a luogo”, in contrapposizione alle scuole vissute, spesso, dagli studenti come “non luoghi”; ovvero zone di passaggio asettiche, distanti da quei luoghi segnati da legami sociali la cui essenza deriva dalla somma dell’ambiente e dell’identità.

Non mancano esempi positivi di queste opportunità. Una per tutte la costruzione della “meravigliosa” scuola dell’Infanzia di Vinovo (To), fortemente voluta da una maestra dell’Infanzia diventata sindaca della città e che, d’intesa con una ditta, che ha potuto utilizzare la geotermia, ha creato ambienti di apprendimento “piacevoli da vivere”.

Lo spazio agente del cambiamento

L’importanza degli “spazi quali agenti del cambiamento”, capaci di incidere sul successo formativo degli studenti, emerge da una ricerca condotta da Steelcase Education che ha rilevato come “le classi progettate intenzionalmente” per promuovere l’apprendimento attivo hanno fatto crescere di molto il coinvolgimento degli studenti (84%); la loro capacità di riuscire meglio (72%); la motivazione a frequentare le lezioni (72%) e la capacità di essere creativi (77%).

Non viene, inoltre, trascurato nel PNRR la necessità di progetti di investimento, diretti a potenziare le infrastrutture scolastiche per lo sport e favorire le attività sportive, allo scopo di valorizzare le competenze legate all’attività motoria e sportiva sin dalla scuola primaria.

I risultati dei campionati europei di nuoto della scorsa settimana a Budapest stanno a dimostrare la bontà degli atleti italiani quando possono disporre delle piscine e degli impianti sportivi per i loro allenamenti. Per la prima volta nella storia del nuoto, l’Italia si classifica al secondo posto nella classifica finale e prima come numero di medaglie. Questi investimenti potrebbero anche essere trampolino di lancio per i licei sportivi partiti sinora in sordina con il DPR 52 del 2103, ma molto richiesti dalle studentesse e dagli studenti.

La Scuola che vogliamo

Per ottenere questi risultati è opportuno che il PNRR esca dai cassetti del governo e dell’Europa e diventi uno strumento a disposizione delle scuole, dei loro Dirigenti, dei collegi docenti, delle consulte provinciali e regionali degli studenti e permetta un dibattito serio ed efficace per costruire la “SCUOLA CHE VOGLIAMO”, anche per abbandonare il vizio italico delle lamentale per intraprendere un percorso di protagonismo e di responsabilità.

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