I lettori ci scrivono

Assunzione docenti: se fosse doppio canale o come nella sanità?

Oltre alla dialettica atta a manifestare il proprio dissenso, deve seguire per correttezza anche una dialettica propositiva indicante le possibili risoluzioni dei problemi oggetto di dibattito.

Sempre in riferimento a quello spezzone innumerevole del personale docente  (precario sempre in servizio mediante supplenze e quello cosidetto ingabbiato),

premesso che il reclutamento del personale docente prevede ad oggi operazioni concorsuali e percorsi abilitanti quali i PAS (per cui non comprendo il perché si debba PAGARE per un diritto che lo Stato costituzionalmente mi riconosce e pertanto indice concorsi…),

premesso che in riferimento alle PROCEDURE DI RECLUTAMENTO del personale nell’ambito della P.A. è importante ricordare che non esiste una procedura o un modello di concorso standard valido per il reclutamento di qualunque professionalità. Nell’ambito degli strumenti previsti dalla legge e dai regolamenti, occorre di volta in volta modulare sia le procedure sia i modelli a cui ricorrere al fine di pervenire alle soluzioni più adatte in relazione alla figura professionale da scegliere.
Tenuto conto delle metodologie di reclutamento previste dalla normativa vigente e in particolare dal D.P.R. n. 487 del 1994, il bando di concorso definisce innanzitutto, in relazione alla professionalità da reclutare, quale tipologia di concorso pubblico risulta più adatta tra:

a) concorso pubblico per esami;
b) concorso pubblico per titoli;
c) concorso pubblico per titoli ed esami;
d) corso-concorso;
e) selezione mediante lo svolgimento di prove volte all’accertamento della professionalità richiesta.

Nell’ambito della disciplina generale individuata dal D.P.R. 487 del 1994, il bando definisce procedure mirate al reclutamento delle varie figure professionali, tenendo anche conto, per l’accesso alla dirigenza, della disciplina dettata dai D.P.R. n. 272 del 2004 e n. 70 del 2013.

La scelta del modello concorsuale deve tenere conto del livello e dell’ambito di competenza richiesto per la professionalità da reclutare, nonché della necessità di definire procedure efficaci e celeri che possano svolgersi anche con l’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione.

Le norme generali di riferimento si rinvengono, principalmente nell’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 e nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70. A queste previsioni generali vanno aggiunte quelle relative a specifiche categorie di personale, tra cui il personale in regime di diritto pubblico, quello delle istituzioni educative e quello del Servizio Sanitario Nazionale. Sono fatte salve le specifiche norme in materia di requisiti per l’accesso e le procedure previste dalle leggi delle Regioni a statuto speciale e le Province autonome. Per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale saranno adottate, di concerto con il Ministero della Salute, specifiche linee guida.

Detto ciò, una proposta potrebbe essere quella di operare come nella Sanità Pubblica, stilare una graduatoria che tenga presente dei TITOLI di varia natura afferenti la propria specializzazione (nel ns caso disciplina), e cosi consentire quel passaggio al livello successivo, che nel nostro specifico significa insegnare le discipline (materie) per quali il titolo di Laurea prevede, a cui congiungere nel calcolo della scala di punteggio gli anni di servizio svolti:  del resto nel lontano 89/90 fu indetta la procedura concorsuale detta DOPPIO CANALE che prevedeva il ruolo al 50% solo con titoli ed un 50% ad esami, cosa che ha permesso allo scrivente di passare di ruolo, per diritto acquisito dalla suddetta procedura assuntiva, mediante successiva L-124/99, nel lontano 2000.

Ciò andrebbe a riconoscere la legittimità e la dignità di un impegno costante fissato dagli anni dietro una cattedra, tra i banchi di scuola, e dare luogo alla avvenuta comprensione (da parte del Legislatore) che il cambio della materia di insegnamento non pregiudica e soprattutto che la didattica resta eguale poiché chi andrebbe ad esercitarla è la stessa persona-docente che andrebbe  a trasmettere il proprio sapere riflesso della stessa personalità con la quale in disciplina antecedenti ha operato: cambia la disciplina non il soggetto decente con tutto quello che esso significa e comporta: carattere linguaggio vocalità ed espressività  del corpo: forse però per il nostro Legislatore E PER I Sindacati questo, tutto questo, è difficile a comprendersi… .

Perché ciò non può ripetersi evitando il casino e lo spendio di denaro pubblico e privato? – Dimenticavo che non contribuiremmo alle casse delle Università che oramai dallo Sato ricevono poco o nulla: ed io pago!

Mario Santoro

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