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Classi pollaio, Cottarelli: “Poche rispetto ad altri Paesi. Valutazione docenti? Il dirigente deve capire quali lavorano bene e quali no”

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Oggi, 14 dicembre, a Roma, alle ore 10, presso la Sala Convegni Bernardino da Feltre (via Orti di Trastevere, 6), si svolge il convegno “Un’agenda scuola per il futuro del Paese” dove i segretari generali delle tre organizzazioni sindacali, Cisl Scuola, Snals e Gilda degli Insegnanti Ivana BarbacciElvira SerafiniRino Di Meglio, fanno il punto sui temi al centro dell’iniziativa sindacale per il rilancio di una politica di forti investimenti nel settore dell’istruzione, dialogando su questi temi con Carlo Cottarelli. All’iniziativa intervengono Luigi Sbarra, segretario generale della CISL, e Angelo Raffaele Margiotta, segretario generale CONFSAL.

“Il problema non sono le classi pollaio”

Ecco le parole dell’economista Carlo Cottarelli, che ha discusso in merito alla valutazione dei docenti: “L’unica ricchezza in un Paese che non ha tante materie prime sono le persone. Gli investimenti nella formazione sono fondamentali. Una scuola pubblica che dia opportunità a tutti è fondamentale. La scuola dovrebbe essere un livellatore di opportunità, ma non è così in Italia. Ci vogliono risorse, e saperle spendere bene e investimenti”.

“Sembra che il problema siano le classi pollaio: non ci sono classi pollaio, rispetto agli Paesi Ocse. Non abbiamo pochi insegnanti, ma insegnanti poco pagati e poco formati. Il preside dovrebbe capire quali docenti stanno facendo bene e quali no, è una cosa normale, perché questa reticenza?”.

Classi pollaio, per Azzolina è un problema grave

Di classi pollaio ha parlato qualche tempo fa l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Quando lo dicevo io, sia da parlamentare che da Ministra, mi dicevano che le classi sovraffollate non esistevano. Ma quando insegnavo io (nella scuola secondaria di secondo grado) avevo classi con almeno 27 studenti, perché la legge Gelmini prevede questo. Ciò implica insegnare in maniera uguale per tutti, sapendo che ci sono alunni che hanno tempi di apprendimento diversi, e questo crea dispersione scolastica. Se vedete i dati, la maggior parte della dispersione scolastica avviene nel passaggio tra la scuola secondaria di primo e di secondo grado. Questo significa costo per lo Stato, perché poi questi ragazzi non studiano e non lavorano”.