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Compiti a casa si! Compiti a casa no!

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Questi studi hanno dimostrato che se è necessario esercitare i meccanismi dell’apprendimento, per stabilizzare e facilitare il recupero delle conoscenze acquisite, superare un certo numero di ore di studio è inutile e rischioso. Da quanto detto può derivare un apprendimento di breve durata, apparente, che affatica il sistema cognitivo e lo rende incapace di recepire nuovi contenuti disciplinari il giorno seguente.
Di contro secondo alcuni docenti dare molti compiti a casa è una condizione necessaria per incrementare negli studenti la motivazione all’impegno e alla competenza. Pertanto qual è l’influenza dei compiti a casa sugli apprendimenti? Per rispondere a questa domanda ci si può avvalere delle informazioni raccolte in una indagine internazionale chiamata Trends in International Mathematics and Science Study (TIMSS). Il TIMSS è una ricerca internazionale, promossa dalla International Association for the Evaluation of Educational Assessment, che analizza il rendimento degli studenti in Matematica e Scienze in oltre 60 Paesi. L’indagine TIMSS misura la performance degli studenti relativamente alla IV classe della scuola primaria e III secondaria di I grado e monitora l’implementazione dei curricoli scolastici nei Paesi partecipanti all’indagine.
Da questa indagine risulta che i compiti a casa hanno degli effetti collaterali, infatti, possono essere uno dei canali attraverso i quali si amplificano i divari di apprendimento tra studenti appartenenti a diversi gruppi sociali. Il background socio-culturale degli allievi e dunque il livello di attenzione e supporto delle famiglie nelle pratiche di studio domestico determina, oltre che l’impegno, l’efficacia dello strumento. Sempre dai dati TIMSS si evidenzia che rispetto a uno studente con genitori istruiti fino alla licenza media, un figlio di diplomati ha una probabilità del 15% più alta di dichiarare un maggior tempo speso a fare i compiti a casa, mentre per un figlio di laureati la probabilità si incrementa del 23%.