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Comprensivo è bello?

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Più di cento dirigenti degli Istituti comprensivi di tutta Italia hanno promosso un appello ai parlamentari delle Commissioni Istruzione e Cultura di Camera e Senato con l’intento di sollecitare una maggiore attenzione nei confronti di una modalità organizzativa del servizio scolastico che riguarda 3284 istituzione scolastiche pari al 42% delle unità scolastiche del ciclo di base (i circoli didattici sono oggi 2703, mentre le scuole medie sono 1611).
Le firme più numerose provengono soprattutto dalla Lombardia, dall’Emilia, dalle Marche, dal Veneto e dalla Toscana dove più diffusa è l’esperienza dei comprensivi.

"Nell’istituto comprensivo – sottolineano i firmatari dell’appello – ciò che emerge è lo "sguardo lungo" sull’educazione degli allievi, la possibilità di accompagnarne i momenti più delicati, di soffermarsi sui punti di crisi, di rallentare o accelerare il ritmo, di realizzare quello che in gergo si chiama "curricolo verticale", cioè un piano degli studi coordinato che porti ogni ragazzo all’uscita dal ciclo di base a padroneggiare con sicurezza le conoscenze fondamentali e le abilità (cognitive, operative, sociali) indispensabili per affrontare le tappe successive della propria formazione e della propria vita".

Ecco perché – affermano i 100 e più dirigenti scolastici promotori dell’appello –  "desta non poca meraviglia il silenzio sul modello organizzativo "in verticale" che si registra all’interno del disegno di legge delega sulla riforma della scuola approvato dal Consiglio dei Ministri il 1° febbraio 2002".
D’altronde la stessa "Commissione Bertagna" aveva raccomandato lo "sviluppo ulteriore del modello degli istituti comprensivi" oltre che un migliore raccordo tra scuola elementare e scuola media, attraverso una scansione dell’intero percorso della scuola elementare e media per bienni didattici.
Al contrario nell’ultima versione della legge-delega viene proposta una scansione (1+2+2 e 2+1) che sembra non solo sembra contraddire la necessità di sostenere l’esperienza della continuità del sistema formativo di base ma "appare – sostengono ancora i firmatari – misura esorbitante all’interno di una legge di delega, che dovrebbe dettare solo i principi generali della successiva legislazione delegata e intrusiva dell’autonomia organizzativa e didattica riconosciuta ormai alle scuole"

Ma in sostanza, qual è la proposta degli Istituti comprensivi?

La risposta è chiara: "Non intendiamo richiamare l’uno o l’altro dei diversi modelli di organizzazione prospettati in questi ultimi anni, né interferire con le autonome determinazioni del Parlamento, ma semplicemente ricordare l’esigenza di fondare ogni futura riforma, se la si vuole solida e duratura, su una attenta lettura dell’esperienza in atto, di cui gli oltre 180.000 insegnanti che operano negli istituti comprensivi rappresentano insostituibili testimoni".