Con le salvaguardie non cambiano i termini di liquidazione di TFR e TFS

Un recente messaggio dell’Inps (messaggio n. 8680 del 12 novembre 2014) ha fatto chiarezza sul seguente aspetto: i termini di pagamento delle prestazioni di fine lavoro per i  dipendenti iscritti ai fini Tfs e Tfr alla gestione dipendenti pubblici dell’Inps, interessati dalle salvaguardie per  l’accesso al  pensionamento in base alla disciplina previgente all’art. 24 del DL 201/2011, nonché per i dipendenti il cui rapporto di lavoro è risolto unilateralmente dal datore di lavoro.

Il chiarimento interessa, in particolare, i lavoratori anche del Comparto Scuola che hanno usufruito del congedo per assistenza a congiunti portatori  di handicap ai sensi dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo  26 marzo 2001, n. 151 o  dei permessi di cui all’art. 33, comma 3,  della legge 5 febbraio 1992, n. 104, beneficiari delle salvaguardie previste dal suddetto decreto legge  201/2011 per l’accesso al trattamento pensionistico con le regole vigenti prima della Riforma Monti-Fornero.

Per tali lavoratori l’Inps precisa che la salvaguardia disposta dal citato decreto legge 201/2011 consiste nella conservazione delle regole di accesso alla pensione precedenti il 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma Monti Fornero), ma non ha alcun effetto diretto sui termini e le modalità di pagamento dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto. Pertanto, non sono previsti  termini di pagamento dei Tfs e dei Tfr  diversi da quelli del regime generale. Questo vuol dire che cambiano i termini di liquidazione solo in base alla causa e alla data di cessazione dal servizio, secondo le istruzioni diramate dall’Inps con la circolare n. 73 del 5 giugno 2014.

Riepiloghiamo di seguito cosa dispone la disciplina generale per le cessazioni dal servizio successive al 31 dicembre 2013 per i dipendenti che conseguono il diritto a pensione dopo tale data:

Termine breve: entro 105 giorni dalla cessazione

In caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso, trova applicazione il termine breve in relazione al quale la prestazione deve essere liquidata entro 105 giorni dalla cessazione. L’Amministrazione di appartenenza è tenuta a trasmettere all’Inps gestione dipendenti pubblici  la documentazione necessaria entro 15 giorni dalla cessazione  del dipendente; l’Istituto,  a sua volta, provvede a corrispondere la prestazione, o la prima rata di questa, entro i tre mesi successivi alla ricezione della documentazione stessa. Decorsi questi due periodi  sono dovuti gli interessi.

 

Termine di 12 mesi

La prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro quando questa è avvenuta per:

  • raggiungimento dei limiti di età; a questo proposito si sottolinea che rientrano tra le cessazioni per limiti di età i collocamenti a riposo d’ufficio disposti dalle amministrazioni al raggiungimento del limite di età ordinamentale, anche se inferiore al limite di età per la pensione di vecchiaia, e in presenza dell’avvenuto conseguimento del diritto a pensione;
  • cessazioni dal servizio conseguenti all’estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato per raggiungimento del  termine finale fissato nel relativo contratto di lavoro;
  • cessazione dal servizio a seguito di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 72, comma 11, del decreto legge 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge 133/2008.

Nei casi riferibili al termine in esame la gestione dipendenti pubblici non può procedere alla liquidazione e al pagamento della prestazione, ovvero della prima rata di questa,  prima che siano decorsi dodici mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Decorso tale termine, l’istituto deve mettere in pagamento la prestazione entro 3 mesi. Decorsi questi due periodi (complessivamente pari a 15 mesi)  sono dovuti gli interessi.

 

Termine di 24 mesi

La prestazione non può essere liquidata e messa in pagamento prima di 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, quando questa è avvenuta per cause diverse da quelle sopra richiamate, anche nell’ipotesi  in cui non sia stato maturato il diritto a pensione. Tra queste cause si ricordano in particolare:

  • le dimissioni volontarie, con o senza diritto a pensione anticipata;
  • il recesso da parte del datore di lavoro (licenziamento, destituzione dall’impiego etc.).

Nei casi rientranti nel termine in esame la gestione dipendenti pubblici non può procedere alla liquidazione e al pagamento della prestazione, ovvero della prima rata di questa,  prima che siano decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Scaduto il termine, l’istituto deve mettere in pagamento la prestazione entro 3 mesi. Decorsi questi due periodi (complessivamente pari a 27 mesi) sono dovuti gli interessi.

Lara La Gatta

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