Home Attualità Concorso DS 2017, l’ “emendamento Bucalo” diventa un semplice ordine del giorno

Concorso DS 2017, l’ “emendamento Bucalo” diventa un semplice ordine del giorno

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Mentre alla Commissione Bilancio della Camera prosegue il dibattito sulla manovra finanziaria per il 2023 al Senato si è conclusa un piccola “battaglia”, meno importante certamente, ma non per questo poco significativa.
Alcuni emendamenti al decreto “Aiuti quater” in via di approvazione sono stati trasformati in ordini del giorno.
Quello che sta facendo discutere più di altri riguarda il contenzioso relativo al concorso per dirigenti scolastici del 2017 che si sta ormai trasformando in una vicenda con risvolti di carattere penale.
Nel corso della procedura concorsuale si sarebbero verificate irregolarità di non poco conto che sarebbero servite per avvantaggiare in modo determinante un certo numero di candidati.
Si è parlato persino di una sorta di “manomissione” del sistema informatico che aveva gestito le prove, sia le preselettive sia quelle successive.
Numerosi i ricorsi ai quali si sono aggiunte anche inchieste della magistratura ordinaria.
Per chiudere la questione la senatrice Bucalo insieme con altri parlamentari di Fratelli d’Italia aveva presentato un emendamento che avrebbe di fatto consentito l’assunzione in ruolo dei docenti che avevano partecipato, senza successo, al concorso del 2017.
In pratica uno degli emendamenti prevedeva: “Il corso è riservato ai soggetti che abbiano sostenuto la prova scritta e che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già ricevuto una sentenza favorevole in primo grado o abbiano, comunque, un contenzioso giurisdizionale in atto, avverso il succitato concorso per mancato superamento della prova scritta o di quella orale”.
In altre parole un sorta di concorso riservato aperto ai docenti che si erano rivolti alla magistratura ordinaria o amministrativa per ottenere ragione.

“Si tratta di una misura pressoché inevitabile – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – dal momento che ad essere coinvolti sono almeno 500 concorrenti di quel concorso; d’altronde già nel 2015 all’epoca del Governo Renzi si dovette ricorrere alla procedura del corso-concorso per risolvere i problemi legati al concorso precedente”.
Commenta Paola Serafin, responsabile nazionale dei dirigenti scolastici Cisl Scuola, commenta:  “L’emendamento, nella sua formulazione, da una parte sottrae alla magistratura la possibilità di pronunciarsi, dall’altra delegittima di fatto il concorso e l’operato delle commissioni, per di più per un profilo professionale estremamente delicato. Un intervento per la dirigenza scolastica è certamente urgente ma su ben altri fronti che al momento non trovano alcun sviluppo nell’ ‘aiuti quarter’ né nel disegno di legge di bilancio di previsione, nonostante le ripetute richieste della categoria”.
La vicenda non ha lasciato indifferenti molti commentatori, tra cui la testata Tuttoscuola che parla apertamente di un “salvataggio di candidati non vincitori di concorso e nemmeno idonei che nega il merito, mortifica l’intero sistema, nega la forza del diritto e avalla il principio che, come nell’abusivismo edilizio, il condono prima o poi salva chi non ha rispettato le regole”.

Parole ancora più dure usa l’ex provveditore di Brescia Mario Maviglia in un intervento pubblicato su Scuola7 parla senza mezzi termini di “sanatorie che legalizzano le furberie e umiliano i cittadini onesti”.
E sul caso interviene anche il quotidiano Avvenire che segnala che le spese del corso-concorso sarebbero comunque a carico dei partecipanti e ne deduce che la vicenda “ricorda molto da vicino la compravendita delle indulgenze”.
Tutte illazioni respinte dalla senatrice Bucalo che parla invece di misura come una sorta di atto dovuto nei confronti di concorrenti che sono stati danneggiati da una procedura poco trasparente.
Sta di fatto che alla fine il Governo ha suggerito ai firmatari dell’emendamento di ritirarlo e di presentarlo sotto forma di ordine del giorno, cosa che è avvenuta poche ore fa.
Il Movimento 5 Stelle, ben consapevole del fatto che gli ordini del giorno valgono poco meno della carta su cui sono scritti, ha immediatamente mostrato di apprezzare la “clamorosa retromarcia” della maggioranza.