Home Attualità Conte sulla scuola, ecco perché la prima media resta in presenza

Conte sulla scuola, ecco perché la prima media resta in presenza

CONDIVIDI

Giuseppe Conte in Conferenza Stampa commenta l’ultimo Dpcm che entrerà in vigore da giorno 6 novembre fino al 3 dicembre e in riferimento alle zone rosse spiega il perché della scelta della didattica in presenza per le classi di prima media mentre le seconde e le terze vanno in DaD.

Didattica in presenza per la prima media

In prima media i ragazzi hanno appena avuto il tempo di abituarsi alla nuova modalità di scuola, di conoscere i propri compagni, di relazionarsi ai nuovi docenti: un’attenzione alle ragioni della socialità e alle questioni psicologiche ed emotive, insomma, nella ratio del documento.

“La didattica è in presenza,” ci ricorda il Presidente Conte in modo apodittico, per cui tutte le volte che sarà possibile, sarà la scelta preponderante di questa seconda fase pandemica.

Durante la Diretta di Tecnica della Scuola Live del 4 novembre, con l’esperto di normativa scolastica Lucio Ficara, l’avvocato di diritto scolastico Dino Caudullo e la conduzione del giornalista Fabrizio De Angelis, si è parlato dell’argomento, a partire dalle incalzanti domande degli utenti.

La diatriba didattica a distanza vs didattica in presenza o DaD da casa vs DaD da scuola sembrano restare le preoccupazioni principali dei docenti (per lo meno di quelli che ci hanno seguito durante la diretta).

E per tornare sulle parole di Conte riguardo alle classi di prima media, non è sfuggito agli insegnanti la difficoltà pratica che questa scelta porta con sé. La maggior parte dei docenti infatti avrà classi che lavorano in DaD (le seconde e le terze) e classi in presenza (le prime). Come organizzarsi dunque?

“In questo caso probabilmente tutta l’attività si svolgerà da scuola,” risponde alle osservazioni il professore Ficara.

DaD e normativa contrattuale

E a chi gli chiede se le norme contrattuali restino valide anche in DaD, Ficara risponde: “Sì, le norme contrattuali restano vigenti anche in DDI, è scuola a tutti gli effetti, sia dal punto di vista didattico che da quello normativo. Ad esempio, se un docente una mattina si sentisse male e non potesse svolgere la DaD, il docente dovrebbe avvertire la segreteria e prendersi un giorno di malattia. E il docente sarà regolarmente soggetto a visita fiscale. Non potrà spostarsi dalla dimora. Tutto va a distanza ma le norme rimangono valide, insomma”. 

Quanto all’integrazione della DDI nel contratto nazionale, l’esperto spiega: “Il contratto è abortito sul nascere perché non tutte le sigle sindacali lo hanno firmato, nemmeno il 50% +1, quindi la DDI non è stata normata nel contratto, bensì recepita solo da una nota del MI.”

DaD da casa o DaD da scuola?

In linea generale, “DaD da scuola o DaD da casa?” chiedono gli utenti. Cosa è più opportuno fare?

“Se questi Dpcm servono per evitare la mobilità delle persone e il pericolo di assembramento, chiamare una sessantina di docenti a muoversi da casa per poi usare gli stessi pc, mi sembra un modo sbagliato di interpretare il momento storico. Ad ogni modo ci sono gli ordini di servizio del DS e c’è anche un regolamento di istituto che già dalla fine di agosto o dai primi di settembre le scuole avrebbero già dovuto produrre. La legge dice che va assicurato il servizio, ma che venga fatto da scuola o da casa, conta il prodotto. Inoltre i colleghi che si collegano da scuola dicono che l’acustica, cioè la qualità del collegamento di un’aula vuota è negativo e nuoce alla qualità del collegamento.”

IL LINK DEL TESTO DEL DPCM DEL 3 NOVEMBRE IN GAZZETTA