Nei giorni scorsi il contratto degli statali è passato al vaglio della Corte dei Conti che, per la verità, ha avuto parecchio da ridire.
Gli incrementi contrattuali, sostengono i magistrati contabili, sono stati superiori all’andamento dell’inflazione e pertanto la valutazione da farsi è piuttosto complessa e articolata.
Infatti, dice la Corte, “non si può prescindere da una valutazione degli effetti della contrattazione, in termini di recupero della produttività del settore pubblico”.
E “sotto tale profilo – sostengono ancora i magistrati – l’ipotesi all’esame si rivela complessivamente deludente” dal momento che le risorse disponibili sono state quasi esclusivamente utilizzate “per corrispondere adeguamenti delle componenti fisse della retribuzione”.
In altri termini il contratto non lascia spazio per premiare la produttività e la qualità della prestazione lavorativa, come peraltro previsto dalla legge 15 del 2009 e dal relativo decreto applicativo, il 150 dello stesso anno.
Va anche detto che parlare di aumenti superiori all’inflazione non è il massimo della precisione, in quanto c’è da considerare che tutti gli stipendi pubblici sono rimasti fermi per un decennio, e certamente in questo lungo periodo l’inflazione reale è stata ben superiore a quel 3,48% che è stato utilizzato dal Governo per calcolare le risorse da mettere a disposizione.
Va poi precisato che, comunque, la Corte, pur con molti se e molti ma, ha dato il via libera al contratto che, quindi, adesso diventa pienamente operativo.
E’ bene infine chiarire che il contratto esaminato dalla magistratura contabile è quello delle funzioni centrali che riguarda i dipendenti dei Ministeri.
Il contratto scuola, Afam, università e ricerca non è ancora stato valutato dalla Corte. Di questo sapremo qualcosa di più nelle prossime settimane.
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