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Corpo docente ed internazionalizzazione della professione, tra limiti burocratici ed iniziative comunitarie. Il caso Erasmus+

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I meccanismi d’integrazione a livello europeo prevedono, attraverso la sottoscrizione degli accordi Schengen e l’adesione all’area di circolazione per persone, lavoratori e beni, la facilitazione dell’internalizzazione delle professioni intellettuali e scientifiche, come quella docente.

La burocrazia, sospesa tra scartoffie, questioni interminabili d’ufficio, spesso rende il trasferimento dei docenti complesso se non impossibile: le problematiche interessano il riconoscimento dei titoli, le abilitazioni a livello internazionale, le competenze linguistiche ed il rispettivo inquadramento, la formazione ricevuta e le abilità informatiche, per il quale alcune realtà, tra cui quella italiana, si collocano agli ultimi posti per digitalizzazione ed utilizzo di tools avanzati in didattica. Il programma EURES+, rivolto canonicamente agli studenti, ora interessa i docenti che dall’anno scorso, in occasione dell’anniversario estivo dell’iniziativa, possono intraprendere anch’essi viaggi d’istruzione e di formazione in altri paesi dell’Unione.

Il dilemma per i professionisti dell’informazione: tra sistemi integrativi ed odissee burocratiche

I professionisti dell’istruzione devono affrontare notevoli ostacoli burocratici e una formazione aggiuntiva obbligatoria per ottenere il riconoscimento delle loro qualifiche nazionali se desiderano lavorare in un altro Stato membro, barriere che stanno aggravando la carenza di competenze nell’UE. 

Secondo il diritto comunitario dell’UE, tutti i cittadini europei possono candidarsi per impieghi in altri paesi membri, attraverso apposite piattaforme (EURES è una delle tante). La direttiva del 2005 sul riconoscimento delle qualifiche professionali armonizza le procedure in tutta l’Unione. Tuttavia, il regolamento non si applica alle condizioni che regolano la professione docente, creando anche particolari frizioni tra i sistemi comunitari. Poiché le questioni relative all’istruzione rientrano nelle competenze degli Stati membri, le decisioni relative alle qualifiche necessarie per lavorarvi, nonché le discipline che possono essere insegnate ea quale livello di istruzione, dipendono dai governi nazionali o regionali. A volte le qualifiche e le esperienze ottenute in un paese non sono pienamente riconosciute in un altro, e ciò rende complesso – se non impossibile – il reclutamento.

Le iniziative UE per agevolare la coesione. Il caso ERASMUS+

A livello comunitario, la Commissione sta attualmente lavorando su modalità esecutive per “completare l’attrattiva, le possibilità e il riconoscimento della professione di insegnante” all’interno dei confini dell’Unione, in particolare attraverso progetti di coesione tra sistemi, scambi di docenti ed iniziative comunitarie come l’ERASMUS. La Commissione, in un comunicato, ha affermato che queste iniziative dovrebbero facilitare la collaborazione e facilitare i processi di riconoscimento tra i sistemi educativi “a lungo termine”.

Per il momento, tuttavia, le iniziative volte a facilitare il riconoscimento degli insegnanti dipendono dai sistemi educativi nazionali o regionali. Erasmus+ sostiene incarichi di insegnamento nelle scuole all’estero per i professionisti coinvolti nell’istruzione preprimaria, primaria e secondaria da un periodo di tirocinio o scambio da due giorni all’anno solare. Attraverso l’insegnamento all’estero, è possibile acquisire una prospettiva più ampia sull’istruzione, scambiare conoscenze con i colleghi in un altro paese e raccogliere buone pratiche educative, magari differenti o alternative per un aggiornamento professionale. Al momento, secondo gli ultimi dati effettivamente disponibili, pare abbiano preso parte alle iniziative descritte circa 38.500 docenti.