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“Crescere al Sud”: quali impegni di fronte a quel 1,5mln di bambini poveri?

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Quando la scuola prenderà atto in termini precisi di questo enorme numero di bambini lasciati a se stessi, per tutte le cause di natura politica ed economica che ci sono dietro, forse la funzione docente, comprese le analisi dei risultati dei sondaggi nazionali e internazionali, come l’Ocse-Pisa, potranno subire letture alternative e soprattutto considerazioni meno superficiali. E fino a quando qualcuno non penserà a trasferire nelle scuole di frontiera, quelle a più rischio emarginazione con sfruttamento lavorativo e criminale, i docenti con un buon retroterra di esperienza, di cultura e di passione, questi dati annunziati da Save the Children Italia sono destinati ad allargarsi sempre di più.
E’ stato fin troppo semplice attribuire finora alla scarsa efficienza dei docenti del sud i cattivi risultati dei dati Ocse che hanno sempre collocato l’istruzione meridionale ai posti più bassi, saltando perfino gli studi più comuni che legano il successo  alle condizioni economiche e culturali: avete visto mai il figlio di un medico abbandonare la scuola o disperdersi durante o dopo l’obbligo scolastico? Al dato che poteva sembra empirico, fumoso si è sostituito quello dello studio scientifico e della ricerca sul campo da parte di Save the Children e dell’Associazione italiana di pediatria: che fine farà questo milione e mezzo di bambini del Mezzogiorno che vive in una condizione di povertà relativa o assoluta e che ha difficile accesso alla scuola? E dove si troverà fra qualche anno quell’altro esercito di oltre 359mila bambini, privi persino del minimo necessario per sopravvivere e che sono ai limiti della povertà o del tutto poveri? Chi si prenderà carico della loro cultura, educazione e del loro sacro diritto alla cittadinanza? Chi si occupa di portali a scuola? Chi li cerca tra i quartieri degradati delle periferie urbane e dei ghetti cittadini? Chi li sottrarrà alla manovalanza criminale e allo sfruttamento? 
Eppure basterebbe provare, sperimentare ciò che presso nazioni all’avanguardia già si sta facendo: incentivare i docenti con un grosso bagaglio di esperienza, quelli più motivati e impegnati, a trasferirsi nelle scuole dove invece  ancora vengono mandati i supplenti e i professori di prima nomina. Un incentivo credibile ai professori e pure ai presidi e che non abbiano come obiettivo la foga di bocciare o di punire, ma quella di impegnarsi a promuovere. Perchè lo si voglia o meno, lo si creda o meno la missione della scuola è quella di promuovere, e non solo da un  anno all’altro e da una classe all’altra, ma alla cittadinanza, alla cultura, al sapere e alla partecipazione democratica futura.
 E non ci sono rigurgiti sessantottini nelle ricerca di Save the Children, impegnata pure nel  progetto “Crescere al Sud”, come con troppa semplice semplicità finora è stato sostenuto per giustificare tagli e emarginazione, ma solo la certa consapevolezza che bocciare è escludere, togliere, eliminare, ghettizzare come sta succedendo a questi bambini descritti da Save the Children.
 Ma non solo, non si dimentichi e non si ignori che a questo esercito di questa generazione ben presto si aggiungerà l’altro esercito della generazione successiva e qualcuno, di fronte a questi dati, ha l’obbligo morale, politico e civile di fare qualcosa.