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Dall’inclusione predicata all’inclusione praticata

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Le tematiche dell’inclusione hanno visto, da sempre, la scuola italiana pioniera e capace di intraprendere percorsi innovativi e rispettosi dei diritti di cittadinanza di tutte le ragazze e i ragazzi.

Socializzazione – Integrazione – Inclusione – Univers-Quità sono tappe importanti di civiltà, di cultura e di politica scolastica.

La fine degli anni ’60 sono stati forieri di un cambio di passo notevole per garantire ai ragazzi diversamente abili percorsi didattici dignitosi e di socializzazione in compagnia dei loro coetanei con la legge 118 del 71, togliendoli, con l’inserimento nelle classi comuni, dall’emarginazione e dalle esperienze precedenti delle classi differenziali.

Un ulteriore passo si è avuto con le politiche di integrazione volute con la Legge 517/77 dalla ministra Falcucci e successivamente, con la legge 170 del 2010 per gli alunni con Disturbi specifici di apprendimento e con la Direttiva del 27 dicembre del 2012 per i ragazzi con Bisogni Educativi Speciali, si è evidenziato l’importanza di lavorare per migliorare il contesto per promuovere l’inclusione.

L’Univers-Quità

La letteratura specialistica, recentemente, sta cercando di compiere un ulteriore passo avanti attraverso il principio dell’Univers-Quità per ribadire il principio dell’universalità del diritto all’istruzione, arricchendolo del principio dell’equità, rispettosa del progetto di vita di ogni ragazzo. E l’univers-quità ci introduce al suggestivo principio della normale diversità di ognuno di noi e presuppone nuovi paradigmi culturali e didattici basati sulla centralità e unicità di ogni singolo studente.

Riconoscimenti internazionali

Questi sforzi e percorsi di crescita civile e culturale prima, e normativa poi, sono stati ampiamente riconosciuti da consessi internazionali e il «World Future Council”, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra, ha voluto premiare recentemente la scuola italiana con la seguente motivazione “Esemplare nelle aree dell’innovazione, dei risultati e della trasferibilità, la Legge-quadro n. 104 del 1992per l’assistenza, l’inclusione sociale e i diritti delle persone con disabilità è eccezionale in quanto essa non soltanto prescrive che tutti gli alunni debbano essere inclusi nelle scuole di tutti gli ordini e grado (incluse le Università), sia pubbliche che private, e partecipare pienamente alla vita scolastica, ma soprattutto perché essa è stata applicata in tutto il Paese, che registra pertanto il più alto livello di inclusione delle persone con disabilità nelle classi ordinarie, e gode di un convinto consenso alla piena inclusione a livello nazionale”.

Linee Guida della Didattica Digitale Integrata

La pandemia provocata dal covid-19 e l’emergenza sanitaria conseguente ha messo in evidenza lo scarto tra le proclamazioni della letteratura pedagogica e una concreta applicazione di questi principi solennemente affermati. Nella prima fase del lockdown non sì è avuta nessuna attenzione per queste fasce di ragazzi con esigenze specifiche e con il nuovo anno scolastico e con la definizione delle Linee Guida della Didattica Digitale Integrata del 29 giugno del 2020si è giustamente affermata la necessità e l’opportunità di garantire ai ragazzi con Bisogni Educativi Speciali una didattica in presenza non solo con il docente di sostegno, ma, anche, con la presenza, a turno, di tutti i docenti curricolari della classe, e con la presenza, sempre a turno, dei compagni di classe disponibili a partecipare alle attività didattiche in presenza.  

Piano di inclusione anche territoriale

Per garantire questi sacrosanti diritti all’inclusione si sarebbe dovuto far tesoro da parte dei Dirigenti scolastici e dei collegi docenti al massimo della flessibilità organizzativa e di un piano di inclusione anche territoriale tra reti di scuole per garantire qualità ed efficacia agli interventi didattici in situazione di emergenza così difficile e complicata.

E molte scuole sono riuscite in questa progettualità di qualità, mentre altre esperienze hanno fatto gridare, giustamente, al ritorno alle classi differenziali e alla “solitudine dei numeri primi”.

Solitudine che ci ha fatto scoprire la necessità e la bontà dell’essere comunità e soprattutto “comunità educante”.

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