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DEF 2023: sindacati in fibrillazione, ma i dati economici e demografici non sono confortanti

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Il Documento di Economia e Finanza approvato nei giorni scorsi dal Governo non piace affatto ai tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil che lamentano il fatto che nel documento non ci sono misure né a sostegno della crescita né a favore del lavoro.
Ed è per questo che i sindacati hanno già annunciato che quanto prima riprenderà una fase di mobilitazione per “convincere” il Governo a cambiare rotta.
Per la verità, per quanto riguarda la scuola, il DEF è piuttosto deludente in quanto conferma, senza troppi giri di parole, che il persistente calo demografico rende inevitabile un contenimento della spesa per l’istruzione.

Si legge infatti nel documento: “Da tempo le proiezioni ufficiali evidenziano una tendenza a un rapido invecchiamento della popolazione comune a livello europeo, anche se con intensità diverse nei paesi dell’Unione. Ciò comporta da un lato una riduzione significativa della popolazione attiva, dall’altra un aumento delle spese di natura sociale, specialmente di quelle legate all’invecchiamento: spesa previdenziale e assistenziale, sanitaria per l’assistenza a lungo termine. Inversamente, minori esborsi sono previsti per l’istruzione, visto il progressivo calo delle nascite e quindi della quota di popolazione in età scolare”.

I dati sulle dinamiche demografiche previste nei prossimi decenni forniti dal DEF sono drammatici e allarmanti: nel 2070 la popolazione italiana potrebbe scendere sotto i 48 milioni di abitanti, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili.
Non solo, ma la stessa spesa in istruzione rischierebbe di diventare a lungo andare una spesa del tutto improduttiva: a cosa servirà avere un buon sistema scolastico e universitario se poi, alla fine, i giovani formati emigreranno all’estero?
Il paradosso è evidente: formeremo – a spese del nostro Paese – bravi ingegneri, ottimi medici e tecnici competenti che però “produrranno ricchezza” in altri Paesi, magari lavorando in aziende che faranno addirittura concorrenza a quelle italiane.

In questo quadro sarebbe forse lecito aspettarsi che forze politiche e sindacali mettano mano al tentativo di trovare qualche soluzione radicale finalizzata non tanto e non solo a risolvere i problemi immediati, che sono comunque importanti per chi li vive quotidianamente in prima persona, ma ad affrontare in modo sistemico e sistematico questioni complesse che necessitano di una visione a lunga distanza.