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Diminuisce fra i giovanissimi l’uso del dialetto: i risultati di una ricerca Istat

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Il 24% dei bambini da 6 a 10 anni usa il dialetto in casa, la percentuale sfiora il 30% fra i ragazzini  da 11 a 14 anni e supera il 31% fra i giovani da 15 a 24 anni.
E ci bambini e ragazzi che in casa usano esclusivamente il dialetto: sono più del 6% nella fascia di età fra i 6 e i 10 anni e addirittura il 10% nella fascia 11-14 anni.
Sono i maschi, più delle femmine, a preferire il dialetto all’italiano o, comunque, a servirsi di entrambi gli strumenti comunicativi.
Questi ed altri dati emergono da una ricerca condotta negli ultimi mesi del 2000 dall’Istat e presentata proprio in questi giorni.
L’indagine precedente risaliva al 1995 e il confronto fra le due ricerche permette di mettere in evidenza l’evoluzione del fenomeno: con il passare degli anni è diminuito l’uso esclusivo del dialetto che si compensa, parzialmente, con un significativo aumento dell’uso alternato di italiano e dialetto.
Parallelamente dal 1995 a oggi l’uso misto è aumentato di 4 punti percentuali fra i bambini e di circa 8 per le persone fra i 35 e i 54 anni e per gli anziani.
La ricerca conferma che il dialetto, pur avendo perso ormai il carattere di strumento comunicativo esclusivo, continua ad essere parte integrante del patrimonio linguistico degli italiani.
L’uso del dialetto non è uniforme sul territorio nazionale.
Per esempio l’uso prevalente dell’italiano in famiglia è più diffuso nel Centro (63%) e nel Nord-ovest (59%), mentre nel Sud e nelle Isole riguarda poco più di un quarto della popolazione (rispettivamente, 25% e 29%); nel Mezzogiorno l’uso misto italiano-dialetto rappresenta il comportamento linguistico più frequente sia in famiglia sia con gli amici.
Al Nord-est spetta il primato dell’uso esclusivo del dialetto in famiglia (27%) e con gli amici (24%), mentre in Toscana è quasi sistematico l’uso esclusivo dell’italiano in famiglia (83%).
E infine le regioni in cui si fa maggiormente uso esclusivo del dialetto in famiglia sono il Trentino (44%), il Veneto (43%), la Calabria (40%) e la Sicilia (32,8%).
I dati sono stati raccolti dall’Istat mediante interviste che hanno coinvolto un campione di 20mila famiglie; i risultati offrono uno spaccato significativo di un fenomeno di cui la scuola deve tener conto nella predisposizione della propria offerta formativa.