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Dispersione scolastica e risultati scolastici peggiorati: qual è stato l’impatto delle misure restrittive in pandemia negli Usa?

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Numerose associazioni di categoria scolastica e di formazione hanno riscontrato, attraverso i recenti report sul tema, un calo prestazionale preoccupante negli studenti delle scuole elementari e college degli USA sottoposti a misure restrittive quali isolamento fiduciario, chiusura forzata degli istituti.

La crisi sociale in vigore si è negativamente espressa anche circa sotto il profilo della didattica: problemi di apprendimento, difficoltà organizzative, sintomi depressivi o attinenti a psicopatie o disordini di lieve entità non hanno permesso una fattiva ripresa dello studente nel suo complesso, ancora caratterizzato da ansie e fobie sociali.

Nella sede dei report di recente pubblicati vengono esaminati i dati sui risultati dei test di lettura, matematica e scienze di studenti di 15 anni in paesi di tutto il mondo dal Programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) gestito dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE 2009) e dati su una coorte di bambini statunitensi che sono entrati nella scuola materna nel 2010, al fine di comprendere l’impatto attivo delle chiusure e delle misure restrittive a danno del corpo docenti. 

Chiusure e dispersione scolastica: quali le relazioni? Le evidenze scientifiche

La letteratura circa il fenomeno dispersivo fa anche luce sul rapporto tra apprendimento e tempo di insegnamento, chiusure e misure restrittive. L’evidenza indica che la relazione negativa tra assenteismo e risultati degli studenti diviene più intensa e direttamente proporzionale alle ore di insegnamento frequentate a livello settimanale. Facendo riferimento ai dati delle scuole pubbliche di Chicago, Allensworth ed Evans (2016) hanno notato che ogni settimana di assenza per semestre in terza media è associata a un calo di oltre il 20% nella probabilità di diplomarsi, dato che preoccupa in relazioni alle precedenti chiusure. 

Secondo l’NCES nel 2022 quasi 4,7 milioni di studenti, ovvero circa il 5,3% degli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado, hanno seguito lezioni a distanza. Numerosi sono stati i genitori che hanno istruito i propri figli a casa, citando le seguenti motivazioni a supporto: preoccupazioni per l’ambiente scolastico, come la sicurezza, la droga o la pressione negativa dei pari; insoddisfazione per la qualità complessiva della didattica nelle scuole disponibili; e il desiderio di fornire istruzione religiosa, in casi strettamente particolari (comunità ebraiche o fedi locali). 

Le reazioni dell’opinione pubblica: associazioni in lotta per il diritto allo studio e per la vigilanza didattica

A lamentare, impugnando i dati precedentemente esposti, la crisi complessiva della formazione continua a causa delle chiusure relative all’emergenza sanitaria (non del tutto conclusasi) sono associazioni di docenti e genitori in tutto il paese. I primi sostengono di aver ricevuto formazione limitata a livello digitale prima dell’emergenza, aggravata dal supporto tecnico limitato durante le chiusure e quarantene disposte dalle autorità sanitarie. La maggior parte degli insegnanti della scuola primaria e secondaria non ha preso in considerazione l’istruzione online – o DAD – sino all’emanazione di specifiche norme restrittive.

I genitori, da parte loro, sostengono che alcuni aspetti e comportamenti spesso indicati come abilità socio-emotive o non cognitive – tra cui creatività, tolleranza, tenacia, empatia, resilienza, autocontrollo e gestione del tempo – sono stati a lungo trascurati nella politica educativa nazionale durante le chiusure in oggetto, ove non è stato disposto ed allestito alcun meccanismo di vigilanza.