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Dispersione scolastica preoccupa le autorità in termini di obiettivi educativi. Il caso tra Regno Unito e Italia

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Proteste, chiusure, accordi sindacali non rispettati. L’istantanea offerta dai quotidiani di tutto il mondo circa la situazione nel Regno Unito mostra una realtà caratterizzata da gravissime difficoltà organizzative e notevoli carenze legate, prima di tutto, al capitale umano ed alla relativa – oramai sempre più progressiva – anzianità. Il ricambio generazionale è pressoché assente; a confermarlo è il limitato numero di prove ordinarie di concorso atte all’abilitazione diretta ed indeterminata del personale docente, che si confrontano anno dopo anno con un calo sempre più vertiginoso dei candidati.

La professione è divenuta, per qualsiasi studente universitario, un’alternativa ad un altro piano messo in atto o non tenuta in considerazione: gli stipendi sono immobili da oltre un quinquennio, l’inflazione ha polverizzato il potere d’acquisto del ceto medio e la mobilità ha esasperato il corpo docente. Le recenti chiusure, frutto di un’illimitata privatizzazione del settore, hanno fatto sì che numerosi studenti, già in notevoli difficoltà nel raggiungimento del plesso scolastico n oggetto, si fossero trovati di fatto impossibilitati a prendere parte alle lezioni, aumentando così a dismisura il fenomeno dispersivo, già caratterizzato da numeri importanti durante la DAD propria dell’emergenza sanitaria da COVID-19. Il governo, oltre che sui finanziamenti diretti alle scuole per il recupero degli studenti persi, punta su una sensibilizzazione dei gruppi familiari attraverso i media più diffusi.

I dati governativi e l’impatto (invisibile) dei fenomeni di dispersione

Il tasso di frequenza in tutte le scuole in Inghilterra è stato del 92,6% nella settimana che inizia il 6 febbraio 2023, in aumento rispetto alla media autunnale del 92,1%. Gli scioperi nazionali degli insegnanti con luogo il 1° febbraio 2023 hanno avuto un effetto negativo sui tassi di frequenza, riporta il Ministero in una nota. In questo giorno, la partecipazione è scesa al 43%, nonostante il 90% delle scuole sia rimasto aperto, sottolineano le fonti istituzionali. Gli ultimi dati mostrano anche la percentuale di studenti che sono stati persistentemente assenti (quelli che hanno perso il 10% o più delle loro sessioni possibili), più elevata rispetto agli scorsi bienni. Nel corso dell’anno fino ad oggi, il 23,4% degli studenti è stato costantemente assente, a causa degli alti tassi di influenza stagionale verso la fine del semestre autunnale. Ogni momento a scuola conta e i giorni persi si sommano rapidamente, insiste il Ministero, il quale ha pubblicato sul web tutti i dati rivolti alle famiglie con il fine di sensibilizzarle.

Ad esempio, un ragazzo di 10 anni che è assente per tre giorni durante metà semestre potrebbe perdere 15 lezioni in totale. Maggiore è la frequenza di un alunno, maggiore è la probabilità che apprenda e migliore sarà il suo rendimento negli esami e nelle valutazioni formali. I dati del 2019 mostrano che l’84% degli alunni delle scuole superiori che hanno avuto il 100% di presenze ha raggiunto lo standard previsto, rispetto al 40% degli studenti che erano costantemente assenti durante il Key Stage, periodo, come suggerisce il termine, cruciale per l’apprendimento e l’allineamento delle conoscenze e competenze in classe.

E in Italia? Competenze studenti in picchiata e dispersione

La frequentazione delle lezioni frontali risulta fondamentale per l’acquisizione di abilità, competenze utili a lanciare lo studente verso il futuro secondo le proprie attitudini. Come dimostrano però i risultati INVALSI pubblicati di recente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’A.S. 2023, il livello di competenze di base (lingua straniera, comprensione del testo, logica e matematica) è in calo in tutto lo Stivale, con alcune aree più interdette, quelle del Mezzogiorno e delle Isole. Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna registrano i voti più bassi, con una differenza di ben 23 punti percentuali in Italiano e ben 31 in Matematica rispetto al Nord. Occorre, come suggerito dal Ministero e dai dati messi a disposizione dallo stesso, suddividere i risultati secondo grado e ciclo d’istruzione. La scuola primaria, infatti, è al centro della maggiore attenzione istituzionale: da questa, sostiene il Ministero, occorre ripartire per garantire una didattica organica e continuativa. In quinta elementare, ad esempio, in Italiano il 74% è al livello base contro l’80% del 2022; in Matematica siamo al 63% (contro il 66% del 2022).

Anche i risultati in Inglese sono in calo, l’87% è al livello A1 nella lettura (contro il 94%) mentre nella prova di ascolto la quota è all’81% contro l’85% dell’anno precedente, suggerisce il report. Per le scuole medie il calo in Matematica e Italiano pare essersi arrestato. Allarmano i dati delle superiori: in Italiano solo il 51% raggiunge il livello base (contro il 52% del 2022); in Matematica i maturandi sono solo la metà. Unico dato positivo si registra in Inglese, il 54% raggiunge il B2 nella prova di lettura. La dispersione, relativa a quei territori ove i servizi assistenziali non arrivano, tende ad aumentare; a preoccupare è quella forma implicita, ovvero di studenti che sì, hanno completato il ciclo di studi ma senza raggiungere le competenze di base.