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Docenti scuole paritarie: parità di trattamento con i colleghi statali

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Il Comitato Nazionale DOCENTI DELLE SCUOLE PARITARIE, in seguito alla decisione adottata dalla Corte Costituzionale e dopo attenta e scrupolosa disamina, ha deciso di presentare reclamo collettivo al Consiglio d’Europa contro la parte contraente che ha agito in aperta violazione della Carta dei Diritti Sociali Europea e della normativa comunitaria: lo Stato membro Italia.

Ciò avverrà per il tramite di una sigla sindacale altamente rappresentativa dei diritti e delle posizioni dei lavoratori della scuola.

Ad avviso del Comitato, la condotta dello Stato membro Italia – conclamata con negazione del punteggio pre ruolo –   non è giustificata da ragioni imperative d’interesse generale.

Pertanto, la condotta dello Stato membro Italia ha gravato i docenti delle scuole paritarie di un «onere anomalo ed esorbitante» e l’attacco portato al loro diretto retributivo è stato sproporzionato e tale da rompere il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.

Tale profilo non appare trascurabile se si considera che, sulla base dell’art. 45, par. 2, TFUE, i docenti delle scuole paritarie di ogni ordine e grado, avrebbero potuto beneficiare di una parità di trattamento assoluta in termini retributivi e di punteggio. La regola d’uguaglianza contenuta nell’art. 45, par. 2, nel garantire “l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, […], per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”, è declinata in termini che non sembrano ammettere eccezioni.

Non appare allora azzardato ipotizzare che, in applicazione di questo parametro, la condotta statale, come quella in questione, è da considerare non conforme al diritto dell’Unione.

Come cittadini dell’UE i docenti delle scuole paritarie di ogni ordine e grado hanno diritto alla parità di trattamento in materia retribuzione, pensioni e punteggio al pari dei colleghi statali e di altri Stati membri.

Ricordiamo che in Francia ed in Germania la posizione economica dei docenti delle scuole paritarie è equiparata a quella statale. Addirittura è lo stesso Stato che versa le retribuzioni agli interessati.

Le discriminazioni (nel caso che ci occupa tra lavoratori pubblici e privati) sul luogo di lavoro sono vietate in tutta l’UE.

Sebbene gli Stati godano in queste ipotesi di una certa discrezionalità devono rispettare i principi generali del diritto dell’Unione tra i quali il principio di parità di trattamento come sancito dagli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti che si deve ritenere violato ove non sussista un criterio obiettivo e ragionevole di differenziazione rapportato ad un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenziazione non sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui si parla. 

Un cittadino dell’UE che lavora in un altro paese europeo deve essere trattato esattamente allo stesso modo dei colleghi che sono cittadini di tale paese per quanto riguarda: le condizioni di lavoro (retribuzione, licenziamento, reintegrazione, ecc.).

In seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale si è avuta la conferma che, in Italia, la legge, non è uguale per tutti. Tutto ciò perché la Corte Costituzionale ha reso una motivazione – per respingere il riconoscimento del servizio preruolo nella scuola paritaria – che invero avalla esattamente ciò che accade anche nella scuola statale: ricorrere a personale non abilitato e addirittura al meccanismo della messa a disposizione con chiamata diretta.

Una contraddizione, grave, irrazionale e foriera di pericolose disparità di trattamento.

Come Comitato non possiamo accettare questa lettura. I docenti delle scuole paritarie hanno investito energie, passione, professionalità con la medesima dignità professionale e curriculare dei colleghi dello Stato.

Ciascuna delle violazioni della Carta Sociale Europea innanzi segnalate sono state commesse in combinato disposto con la violazione dell’articolo E della Carta Sociale Europea e dell’impegno dello Stato italiano di non discriminazione nei confronti della categoria docente delle scuole paritarie.

Sul punto la giurisprudenza Europea è stata chiara nell’affermare che il principio di uguaglianza comporta di assicurare uno stesso trattamento a persone che si trovano nella stessa situazione ed, al contempo, impedisce sia la discriminazione diretta che quella indiretta nel caso in cui si rileva un trattamento inappropriato o l’ineguale accesso ad un bene collettivo 32 rispetto altre persone che si trovano nella stessa situazione [cfr. Association internazionale Autisme-Eupore (AIEA C/ France rèclamation n.13/2000, decision preciteè §§51-52.]

Infine, stante la gravità della violazione della Carta Sociale Europea e il conseguente pregiudizio dei diritti fondamentali di decine di migliaia di docenti delle scuole paritarie iscritte a questo Comitato, si chiederà al Consiglio d’Europa di adottare, come misura immediata, la procedura d’urgenza della fase di ammissibilità del reclamo, ai sensi dell’articolo 36 del Regolamento del Comitato europeo dei diritti sociali.