Personale

Dottori di ricerca abilitati all’insegnamento nella secondaria: emendamento nella Legge di Stabilità

Sono svariati gli emendamenti alla Legge di Stabilità che in questi giorni stanno per essere valutati dalle commissioni senatoriali.

Si va dalla gestione delle graduatorie dei precari, alle nuove responsabilità sul fronte dell’uscita degli alunni da scuola, su cui c’è stato già il primo via libera, dalla ricostruzione di carriera del personale, con la richiesta di riconoscimento per intero del periodo svolto da precari e nelle paritarie, fino alle modifiche del reclutamento.

È in quest’ultimo ambito che si annovera una richiesta su cui vale la pena soffermarsi: fornire la possibilità ai dottori di ricerca con almeno quattro anni di insegnamento accademico alle spalle, di essere automaticamente abilitati all’insegnamento nella scuola pubblica.

A presentare l’emendamento è stato il senatore Giovanni Mauro, appartenente a Forza Italia, segretario alla Presidenza del Senato.

SEN. MAURO: BASTEREBBERO 4 ANNI DI DOCENZA ANCHE A CONTRATTO

“Ho presentato un emendamento volto a modificare l’articolo 57 della Legge di Bilancio 2018, in relazione al riconoscimento del titolo di dottore di ricerca abilitante all’insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado”, ha annunciato Mauro.

Coloro che sono “in possesso del titolo di dottore di ricerca – ha continuato – e hanno insegnato presso le università per almeno quattro anni, anche come docenti a contratto, dovrebbero essere abilitati all’insegnamento. L’abilitazione conseguita dovrebbe consentire ai dottori di ricerca l’accesso diretto alle graduatorie d’istituto di Seconda Fascia e dovrebbe permettere l’insegnamento nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. A mio avviso, il titolo di dottore di ricerca dovrebbe essere abilitante per le classi di concorso attinenti al settore scientifico-disciplinare del dottorato conseguito”.

ALLORA VALE PURE IL PERCORSO INVERSO?

La proposta farà sicuramente discutere. Soprattutto perché insegnare all’Università non è la stessa cosa che farlo nella scuola secondaria pubblica: si tratta di due livelli formativi decisamente diversi. Senza contare che l’abilitazione all’insegnamento sino ad oggi è stata presa attraverso corsi formativi lunghi e spesso anche a costo di enormi sacrifici. Anche da coloro che sono di ruolo, ultimamente attraverso i Pas e sino a qualche anno fa tramite i cosiddetti corsi “riservati”.

Inoltre, se proprio se dovesse passare una proposta del genere, quella del senatore Mauro, allora dovrebbe valere pure il percorso inverso: quello di permettere agli insegnanti laureati della scuola pubblica di accedere, qualora in possesso di titoli, opere ed esperienze adeguate, alla docenza universitaria.

Altrimenti, si rischierebbe di incorrere in un chiaro principio di discriminazione: con i danneggiati che, ancora una volta, sarebbero i docenti che operano nelle nostre scuole.

Alessandro Giuliani

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