Home Attualità Educare alle relazioni: il Piano del Ministro non convince tutti, ad un...

Educare alle relazioni: il Piano del Ministro non convince tutti, ad un problema complesso e delicato si risponde con una soluzione “burocratica”

CONDIVIDI

Non è facile fare un commento al piano per introdurre l’educazione alle relazioni che i ministri Valditara, Roccella e Sangiuliano hanno presentato nella giornata odierna.

Intanto colpiscono le parole pronunciate da Valditara nel corso della conferenza stampa: “Il fatto che la donna debba subire quotidianamente vessazioni è inaccettabile. Proprio per questo mi è venuta in mente l’idea di creare gruppi di discussione nelle scuole”.
Cioè: abbiamo un problema educativo, sociale, culturale enorme (le vessazioni e la violenza che subiscono le donne) e il Ministro ammette serenamente che per affrontarlo ha deciso di “farsi venire l’idea” di creare gruppi di discussione nelle scuole (pratica didattica che – sia detto sottovoce – non è propriamente nuovissima e viene usata molto spesso da docenti di tante scuole primarie e secondarie).

La direttiva ministeriale

Se poi si va a leggere la direttiva diramata in giornata, si resta quanto meno perplessi.

Il piano ministeriale, si legge, prevede “la realizzazione nelle scuole di progetti, percorsi educativi, attività pluridisciplinari e metodologie laboratoriali destinate, in particolare, agli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione”.
Nel concreto il progetto prevede che ogni scuola individui un docente referente che dovrà seguire un percorso formativo predisposto dall’Indire; per ciascuna classe aderente dovrà essere individuato anche un docente-animatore incaricato di condurre i gruppi di discussione (anche il docente animatore dovrà essere adeguatamente formato).
Secondo quanto detto durante la conferenza stampa il percorso dovrebbe poi articolarsi in un certo numero di incontri da svolgersi in orario extra-curricolare; l’adesione delle scuole sarà su base volontaria.
In altre parole: i tre Ministri pensano di affrontare un problema complesso e delicatissimo come quello della violenza sulle donne con un programma che non sarà obbligatorio e che per di più verrà realizzato al di fuori dell’orario scolastico vero e proprio.

Cosa dicono gli esperti

L’impressione che si ha in questo momento è che di fronte ad un problema così complesso il Ministero stia pensando ad una soluzione sostanzialmente “burocratica” per “offrire” alle scuole un “pacchetto” di incontri con docenti ed esperti.
Intervistata dal Corriere, Daniela Lucangeli, docente di psicologia dell’educazione e dello sviluppo all’Università di Padova, mostra di non apprezzare troppo l’iniziativa: nella relazione educativa – sostiene in sintesi Lucangeli – la dimensione affettiva è fondamentale e per gestirla correttamente ci vogliono docenti formati bene in questo ambito.
Non basta – dice la docente – un insegnante che arriva in classe con quattro schede sulle emozioni anche perché le emozioni non si descrivono, ma si devono vivere.

La verifica delle azioni

Un’ultima annotazione; la direttiva si conclude con queste parole: “Ai fini della verifica dell’efficacia degli interventi posti in essere, le attività di cui alla presente direttiva sono oggetto di apposito monitoraggio”.
In ambito amministrativo la parola efficacia ha un significato ben preciso; un intervento si definisce efficace se davvero consente di raggiungere gli obiettivi previsti. Quindi il Piano Valditara-Roccella-Sangiuliano (poco fa è stato reso noto anche il protocollo d’intesa siglato dai tre Ministeri) potrà essere definito efficace se produrrà una diminuzione degli atti di violenza sulle donne.
Come “misurare” questa diminuzione non è ancora dato di sapere, ma magari ne sapremo di più nelle prossime settimane.

Insomma, per concludere con una battuta: questi Ministri si stanno impegnando molto e sembrano anche armati di buona volontà, ma potrebbero fare meglio. Per ottenere risultati migliori dovrebbero però ascoltare un po’ di più chi nella scuola ci lavora o ci ha lavorato.