Home Attualità Educazione civica, non solo conoscenza della Costituzione. Intervista a Luciano Corradini

Educazione civica, non solo conoscenza della Costituzione. Intervista a Luciano Corradini

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Il 2020/21 è l’anno in cui prende avvio in tutte le scuole italiane l’insegnamento dell’educazione civica previsto dalla legge 92 del 209.
Ne parliamo con Luciano Corradini, docente emerito di pedagogia generale nell’Università di Roma Tre, che si è occupato per tutta la sua lunga attività professionale e ministeriale dei problemi legati all’insegnamento dell’educazione civica.

Nei giorni scorsi , in una precedente intervista, abbiamo tracciato un quadro della storia dell’’insegnamento dell’educazione.
Ora parliamo degli sviluppi più recenti.
La legge 92  e le Linee guida, parlano di “trasversalità”.
Ritiene che sia una soluzione giusta?


A mio parere il dibattito che si è svolto nello scorso decennio fra disciplinaristi e trasversalisti a proposito di educazione civica sorge da alcuni equivoci non risolti. Non si trattava di un aut aut fra insegnamento di temi ricavati dal “menu” costituzionale da un lato e di educazione ispirata alla problematica della cittadinanza a livello nazionale (e ora europeo e planetario), colta in tutte le dimensioni citate nella legge 92 e nelle linee guida, ma di un et et: e cioè di un tempo per insegnare e per apprendere i nuclei essenziali della Costituzione e i documenti fondamentali dell’UE e dell’ONU, e di un tempo per affrontare problemi di cittadinanza sul piano della vita quotidiana, utilizzando competenze e sensibilità di diversi docenti, anche con esperienze di vita democratica nella classe e nella scuola, in un clima di “reciproca educazione” fra docenti e discenti di tutte le materie.

C’è anche un altro tema: in passato però le ore assegnate all’educazione civica erano davvero poche..

Certo, le due ore al mese assegnate all’insegnante di storia senza voto distinto per l’educazione civica, parvero ben presto scarse, e da molti trascurate, tanto da provocare gli strali di don Milani, come risulta da due periodi della sua famosa Lettera: «Un’altra materia che non fate è educazione civica. Qualche professore si difende dicendo che la insegna dentro altre materie. Se fosse vero sarebbe bello. Allora se sa questo sistema, che è quello giusto, perché non fa tutte le materie così in un edificio ben connesso dove tutto si fonde e si ritrova? Dite piuttosto che è una materia che non conoscete» (Lettera a una professoressa, LEF, p. 123)
E altrove aggiunse, rivolto alla Professoressa: “Voi avete più in onore la grammatica che la Costituzione”.  

Con la nuova legge il problema viene risolto?

Ora la legge 92 ha fissato, per l’insegnamento di questa “sintesi organica” prevista da Moro, “non meno di 33 ore l’anno”, con voto distinto, escluso dalla scuola dell’infanzia (aggiungendo alla Costituzione la Dichiarazione dei Diritti umani, gli ordinamenti e i principali documenti dell’Unione europea, l’Agenda dell’ONU 2030 e la “cittadinanza digitale”, oltre che le “educazioni”).
Qualcuno pensa che la legge abbia rimesso in cantina la disciplinarità, per concepire l’educazione civica solo in termini di trasversalità, cioè di impegno di tutti i docenti ad occuparsi di tutto ciò che è andato per anni, a livello mondiale, sotto il titolo prevalente di civic education, e a mettersi d’accordo su che cosa sia opportuno insegnare.  In realtà la nuova legge, pur affidando molte decisioni ai collegi dei docenti e ai consigli di classe e d’interclasse, si muove nella linea del decreto Moro, anche se non incarica esplicitamente il solo insegnante di storia di insegnare quel nucleo di argomenti che trovano la loro esplicitazione nel testo della Costituzione.

Non tutti sono d’accordo sulla trasversalità; soprattutto nella secondaria di secondo grado per esempio i docenti di diritto sostengono una posizione diversa

I docenti di diritto rivendicano giustamente, ove presenti nell’organico, il ruolo di referenti o di coordinatori dell’insegnamento dell’educazione civica, in particolare nel secondo ciclo. Si tratterà di trovare accordi, tra dirigente e docenti, sul “chi fa che cosa”, in sede di programmazione e di valutazione, a partire da una riflessione comune sulla radice costituzionale dell’educazione civica e dei molti rami che si alimentano da queste radici.

C’è una possibile “mediazione”?

Un’utile messa a punto di questa problematica, che prospetta la possibilità di collaborare proficuamente fra docenti di diverse discipline, nella prospettiva dell’educazione civica, si trova nel libro da me curato, Cittadinanza e Costituzione, Disciplinarità e trasversalità alla prova della sperimentazione nazionale, Una guida teorico-pratica per docenti, Tecnodid, Napoli 2009.

Il criterio della trasversalità, assunto esplicitamente dalla legge, intende affermare in modo più operativo di quanto sia avvenuto in passato il coinvolgimento di tutti i docenti, perché venga condivisa concretamente e interdisciplinarmente la dimensione formativa propria dell’educazione civica, sul piano delle conoscenze, degli atteggiamenti e dei comportamenti. I relativi contenuti sono affidati come nucleo disciplinare a chi di loro svolga anche, su questa tematica, il ruolo di coordinatore del gruppo dei colleghi del consiglio di classe o d’interclasse, in una sorta di “cabina di regia” per questa tematica. La complessità della scelta fatta dalla legge, che mette insieme le conquiste pedagogico didattiche del passato trentennio (dalle “educazioni” raccolte nei Progetti Giovani e Ragazzi, allo Statuto dei diritti degli studenti, al “patto educativo di corresponsabilità”, all’autonomia scolastica), non garantisce da subito il reale funzionamento del disposto legislativo e delle relative Linee guida e perciò giustifica le perplessità di molti. Comunque è importante che l’avvio della legge, che per un triennio si affida al senso di responsabilità e all’autonomia delle scuole, non sia stato affondato dai timori dei “benaltristi”, che hanno certo le loro ragioni, ma che, se queste prevalessero, ci riporterebbero a dir poco sulle spiagge dell’inconcludenza dei decenni scorsi.

Lei intanto continua a produrre materiali e proposte

Per evitare di nuovo questo esito, ho deciso di accogliere l’invito della SEI di Torino a reimpostare e riscrivere il libro per studenti del secondo ciclo, (che s’intitolava “Nella nostra società Cittadinanza e Costituzione”) riscrivendolo, sempre con l’amico e collega Andrea Porcarelli, con maggiore aderenza alla sensibilità giovanile e alla più vasta tematica indicata dalla legge 92.  
Il titolo Una convivenza civile, ricuperando il termine usato dalla legge Gonella degli anni ’50, si propone di facilitare l’esplorazione di ciò che è civile e ciò che è incivile, tenendo conto delle diverse culture, dall’uscio di casa fino ai confini del mondo. Il sottotitolo del libro, più vicino al titolo della legge, parla di Itinerari di educazione civica. Molte cose sono cambiate negli oltre 70 anni di Repubblica, ma il bisogno e la domanda di conoscenza e di formazione su quest’area fondativa sul piano esistenziale, culturale, civico e politico, anche se difficile da delimitare e da condividere pienamente, si sono fatti ancora più urgenti.
La scuola non è in merito onnipotente ma neppure impotente; ed è di fatto insostituibile, come gli ospedali in tempo di pandemie.

Per concludere: che rapporto lei vede fra educazione civica e studio della Costituzione?

La spina dorsale dell’intero curricolo scolastico, per affrontare il futuro con la miglior attrezzatura possibile, si trova di fatto non solo nella Costituzione italiana, come precisano anche le Linee Guida, ma anche nella Dichiarazione universale dei diritti umani, nelle più importanti normative dell’UE e nell’ Agenda 2030 dell’ONU, che nel libro proponiamo congiuntamente in diversi capitoli. Il primo dei 30 articoli della Dichiarazione afferma: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fraternità”. A guardare le cronache, si direbbe che questa concezione sia ottimistica o ingenua.
E’ vero che non rappresenta l’umanità così come questa di fatto nel complesso si comporta. L’umanità non è però solo ciò che ha fatto e sta ancora facendo, mostrando talora il peggio di cui è capace, nei diversi luoghi, modi, tempi della storia da noi conosciuta. 
Essa è anche ciò che ha pensato e pensa di sé; è anche portatrice degli ideali che molti trovano nella loro coscienza, studiando, lavorando onestamente, impegnandosi come cittadini attivi e credibili anche a livello mondiale, conoscendo e facendo conoscere le persone testimoni dei valori e delle idee più giuste e più utili a noi e agli altri.