I lettori ci scrivono

Equipollenza dei titoli esteri: lettera alla Ministra

Gentile Ministro,

Ci avviciniamo ad un nuovo concorso per i docenti, che come succede ad ogni bando, concentra speranze, propositi, progetti.

Mi torna in mente spesso quell’usanza giapponese, vera o presunta, che indica gli insegnanti come unica categoria esente dall’inchino all’imperatore, perché senza di loro, non ci sarebbero imperatori.

Da mamma di studente e da insegnante, le chiedo di insistere sull’importanza dei ruoli nella vita dei ragazzi: la famiglia educhi (è il loro primo punto di riferimento), l’insegnante insegni.

Le chiedo di proteggere noi docenti: noi che siamo già stati inseriti nel sistema, e chi si affaccia a questa meravigliosa professione con tante speranze, entusiasmo e con innumerevoli talenti.

Le chiedo protezione perché proprio i talenti rischiano spesso di cadere sotto le fucilate della burocrazia, dell’invenzione di nuovi corsi aggiuntivi, di nuovi crediti, di nuove etichette che non cambiano la sostanza, ma che rallentano di molto la fase operativa, quella che ci vede in classe con i nostri giovani.

In particolare le chiedo di snellire l’accesso al mestiere più bello del mondo a chi si sente portato, italiano di nascita o cresciuto in un altro Paese. Conosco persone che ancora oggi devono affrontare iter lunghissimi per il riconoscimento del loro titolo di studio qui in Italia e che rischiano di rinunciare a stabilirsi definitivamente qui, perché a 35, 40, 45 anni non possono permettersi di lavorare e studiare “ancora”, per accumulare altri esami e fare “il bis” di titoli di studio già acquisiti con onore nella nazione di origine. Già, perché un pregiato percorso di studi ottenuto all’estero qui in Italia non viene riconosciuto. Non sto parlando di nazioni difficili da situare sul planisfero, ma, ad esempio, degli Stati Uniti d’America. In contrasto con tutti i progetti che vogliono sottolineare la vitale importanza della lingua inglese nella formazione dei giovani, rendiamo impossibile a chi lo parla da madrelingua di venire a contatto con loro e diventare, non solo lettore, ma anche docente di altre materie. Quanti progetti CLIL abortiti!

Ho accompagnato una mia amica cittadina italiana nata all’estero per uffici, per chiedere l’equipollenza, perché diceva lei, nonostante il suo perfetto italiano, di non credere alle sue orecchie. Beh, nemmeno io, italiana di nascita, credevo alle mie… Non mi spiego che il nostro bellissimo Paese sia disposto a perdere persone che lo arricchirebbero culturalmente per farraginose complicazioni burocratiche.

La prego, gentile ministro, con tante fughe di cervelli, mai come in questi tempi abbiamo bisogno di un buon interesse al nostro Paese, di persone che hanno e vogliono conservare un’immagine positiva dell’Italia, che diventerà anche per loro la terra di chi si sente chiamato dalla sua immensa cultura, quel paradiso che Goethe descriveva nel suo “Viaggio in Italia”. Non voglio pensare che, se vivesse ai giorni nostri, il buon Goethe dovrebbe vagare per mille uffici prima di rifare il titolo di studio e diventare lettore di tedesco….

 

Chiara Jachelini

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