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Esami di riparazione, a Trento non esistono e si fa la media complessiva. Un docente: è uno scandalo, si rischia turismo scolastico

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Gli esami di riparazione, ossia gli esami di recupero del debito scolastico, sono fonte di ansia per moltissimi studenti italiani: tranne per quelli che abitano nella provincia autonoma di Trento. Gli esami di riparazione per gli studenti della secondaria di secondo grado sono stati reintrodotti nel 2007, con un’ordinanza dell’allora ministro Fioroni, tranne che nella provincia autonoma di Trento.

Qualcosa, però, potrebbe cambiare. Come riporta La Repubblica, infatti, centinaia di docenti trentini (già oltre 400) hanno firmato una petizione per chiedere all’assessora provinciale all’istruzione, l’esponente di Fdi Francesca Gerosa, di fare un passo indietro.

“Il titolo di promozione assegnato a giugno – si legge nella petizione – rende di fatto ininfluente la verifica condotta del superamento delle lacune. Ciò determina per alcuni studenti – a causa di un impegno inadeguato o della gravità delle lacune stesse – un percorso formativo che non consente di affrontare efficacemente le difficoltà e di superarle”.

Media complessiva, il sistema trentino

Insomma, ci sono molti studenti che, sapendo di non incorrere in una bocciatura al netto di uno stuolo di insufficienze, abbandonano lo studio di alcune materie. Un pasticcio – denuncia Giovanni Ceschi, docente, presidente del Consiglio del sistema educativo provinciale del Trentino – aggravato dal sistema della “media complessivamente sufficiente”. Insomma, se hai 8 in matematica ma in latino hai 4, la media complessiva è 6: promosso. “Il Trentino è uno scandalo nazionale”, ha detto polemicamente il docente.

L’aspetto curioso è che in Trentino sono tutti d’accordo (docenti, presidi, studenti e Provincia) che così non va bene. Nel 2019 l’ex assessore all’istruzione, il leghista Mirko Bisesti, era pronto a fare dietrofront sull’onda di un’altra petizione. Ma con il Covid poi è rimasto tutto com’è.

“La conseguenza estrema di questa situazione – spiega ancora Ceschi – è che gli studenti abbandonano lo studio di alcune materie: nel resto d’Italia si è capito 17 anni fa che così non andava. Questo è un sistema che deresponsabilizza e a livello nazionale abbiamo una situazione che porta allo stesso titolo di studio ma con percorsi diversi”. Il rischio è quello di favorire quello che potrebbe definirsi “turismo scolastico”, ovvero la scelta degli studenti veneti di iscriversi in Trentino per seguire percorsi “facilitati”.

Meglio rendere obbligatori i corsi di recupero?

C’è però chi non è d’accordo. Ad esempio Paolo Pendenza, presidente dei presidi trentini: “Il nostro sistema ha dei limiti, ma anche quello nazionale. La reintroduzione dell’esame di riparazione avrebbe come conseguenza un aumento delle bocciature e dell’abbandono scolastico. Noi dobbiamo pensare ad un’altra strada, inclusiva, che è quella già applicata nei corsi serali: se uno studente ha un’insufficienza non c’è la bocciatura, ma l’anno successivo ripete il percorso per quella singola materia. In questo modo si riconosce ciò che di buono è stato fatto. Se arrivato al quinto anno ha lacune formative in due materie, proseguirà gli studi per un altro anno, ma solo in quelle due materie”.

“Il sistema attuale non è il migliore ma è perfettibile – questa l’opinione di Matteo Bonetti Pancher, presidente della Consulta degli studenti – tornare agli esami di settembre? Meglio rendere obbligatori i corsi di recupero”. L’assessora Gerosa, nominata poche settimane fa, si dice “determinata” a cambiare le cose, ma senza riproporre gli esami di riparazione: “L’attuale impianto non funziona: così rischiamo di portare gli studenti a fine percorso senza le competenze di base. Non penso che tornare agli esami a settembre sia la soluzione, anche perché il peso del recupero poi ricade sulle finanze delle famiglie, accentuando le disuguaglianze sociali. Credo ci sia una terza via: la troveremo al termine del confronto che ho già avviato con tutti gli attori della scuola”, queste le sue parole.

Esami di riparazione, meglio svolgerli a luglio o settembre?

Esami di riparazione, a luglio, ad agosto o a settembre? Docenti, genitori e studenti sono d’accordo nel mantenere l’attuale modus operandi previsto nelle scuole senza preferire scadenze diverse: è quanto emerge da un’ampia indagine della rivista specializzata La Tecnica della Scuola della scorsa estate, al quale hanno partecipato oltre mille lettori.

Al sondaggio hanno partecipato 1.001 persone, di cui l’82,4% docenti, 10,8% genitori 1,9% studenti. Quasi l’80% di docenti, genitori e studenti ha espresso il desiderio di dare l’opportunità di sanare i debiti formativi non entro la fine di agosto ma entro l’8 settembre così come indicato in una nota ministeriale, portata all’attenzione dei media nelle ultime ore dallo stesso ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara dopo il putiferio che si è scatenato in seguito alla pubblicazione di un articolo su La Repubblica.

Il 77,1% dei docenti crede che gli esami di riparazione dovrebbero essere svolti a settembre, il 13,6% preferisce agosto, mentre il 9,3% luglio. Il 68,4% dei docenti ritiene importante “dare la possibilità agli studenti di seguire dei corsi e studiare per un lasso di tempo adeguato”. Il 42,3% ha motivato la sua scelta dicendo che “a luglio e ad agosto le temperature sempre più elevate non sono compatibili con prove d’esame in ambienti privi di condizionatori”.