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Fuori i dirigenti dai sindacati di docenti e Ata: è come se operai e datori di lavoro fossero iscritti alle stesse associazioni

Che l’ANP (che raccoglie il 50% della rappresentanza dei DS in Italia) sia contro la rotazione dei suoi iscritti dopo due mandati è facile comprenderlo, che lo sia anche un’associazione di docenti collaboratori e figure di Staff che ruotano e di fatto dipendono dai DS per incarichi e compensi accessori possiamo anche capirlo, ma che siano contrari i sindacati Confederali e lo Snals non riusciamo a comprenderlo, abbiano sentito i loro rappresentanti nazionali dei DS (ex area V) addurre le stesse ragioni del presidente dell’ANP e questo non possiamo tollerarlo. Credo che i segretari generali di questi sindacati siano dello stesso parere, abbiamo letto solo le dichiarazioni della Serafini (Snals).

Con l’autonomia, la dirigenza, le norme introdotte dalla legge 107 del 2015 e dal PNRR nel 2022 la situazione è molto cambiata e in uno stesso sindacato non possono più coesistere Dirigenti Scolastici, Docenti e ATA; i DS hanno un contratto diverso da quello dei  lavoratori e delle lavoratrici della Scuola, ricordo che un DS guadagna mediamente oltre il doppio di un docente.

Si faccia chiarezza negli statuti dei sindacati di comparto: i docenti e gli ATA sono un milione e duecentomila, i DS appena 8000 e saranno sempre meno, ai docenti e agli ATA i sindacati chiedono le iscrizioni per tredici mensilità all’anno e sempre ad essi i voti nelle elezioni triennali delle RSU, sono i docenti e gli ATA che danno ai sindacati la rappresentatività certificata dall’ARAN ogni tre anni al tavolo della contrattazione nazionale e integrativi, i permessi, gli esoneri, i semiesoneri, la possibilità di comprare le aspettative e le semiaspettative sindacali, in pratica la possibilità materiale di poter fare sindacato.

I dirigenti scolastici sono la controparte al tavolo della contrattazione integrativa di istituto e hanno assunto una funzione datoriale che esercitano nelle scuole spesso con comportamenti autoritari e sempre più numerosi sono i contenziosi. 

I DS sono fuori dal comparto, non partecipano alle elezioni RSU, quindi è incomprensibile l’arroccamento dei sindacati a difesa dell’inamovibilità del dirigente scolastico: a Napoli ci sono DS che sono nella stessa scuola da 20 e più anni, o ci sono scuole che per il dirigente scolastico in carica sono costretti a trasferirsi ogni anno e lo stesso accade in altre parti d’Italia come è stato comunicato in questi giorni a SBC, che è stata l’unica a prendere posizione a favore della  rotazione dopo due mandati di tre anni da parte dei DS indicata dal Direttore Scolastico Regionale del Lazio.

È ora che i Dirigenti Scolastici escano dai sindacati che iscrivono Docenti e ATA. 

È come se nel settore privato operai e datori di lavoro fossero iscritti al medesimo sindacato, l’epoca delle corporazioni fasciste è per fortuna un lontano ricordo. 

Questa purtroppo è un’anomalia che toglie credibilità ai sindacati di comparto che farebbero bene a discuterne al loro interno e a superare una contraddizione che appare sempre più evidente. Alcuni di loro hanno fatto recentemente un congresso (Cisl Scuola e UIL scuola) a breve ci sarà quello della Flc Cgil, ma siamo sicuri che questo tema non sarà mai affrontato. 

Invitiamo gli iscritti ai sindacati a fare pressione presso i vertici e a porlo ai loro dirigenti nazionali e territoriali. La base dovrà pur contare qualcosa.


Libero Tassella SBC

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