Il bullismo e la sua recente versione cyber, il fumo e l’assunzione di sostanze, l’autolesionismo e i comportamenti aggressivi verso i compagni e i professori: sono i problemi più gravi con cui i docenti si confrontano – per fortuna non sempre – nelle loro classi. Sono i segnali di un disagio che serpeggia tra gli adolescenti e che la scuola è chiamata ad affrontare, soprattutto quando si trova a dover surrogare una famiglia che, per vari motivi, è in difficoltà e non è in grado di assolvere al suo compito.
Nel suo celebre saggio del 2007, L’ospite inquietante, il nichilismo e i giovani, che presentiamo questa settimana nella nostra rubrica Leggere lib(e)ri, Umberto Galimberti chiama al banco degli imputati la famiglia, la scuola, la società tutta, il mondo degli adulti che, in qualche modo lascerebbe deliberatamente ai margini i giovani, parcheggiati in spazi vuoti e privi di prospettive. Spazi vuoti in cui vanno ineluttabilmente ad annidarsi il disagio psichico e tutta la gamma delle devianze.
Il capitolo 3 è dedicato proprio alla scuola e il suo titolo, “Il disinteresse della scuola” ci fa già capire quale sia l’opinione di Galimberti: autostima e auto accettazione sono tenute dalla scuola in minimo conto. L’autostima dello studente è scambiata spesso per presunzione e l’auto accettazione come un esplicito riferimento da parte dello studente di non valere un granché. Se poi è lo stesso studente ad essere convinto di valere poco, il professore si sente assolutamente assolto nel suo ribadire, con voti e giudizi negativi quel nulla che lo studente avverte già per suo conto dentro di sé.
Giudizio duro quello di Galimberti sui professori, che per tutto il capitolo sono accusati di non prestare attenzione al disagio degli alunni, di puntare tutto sull’istruzione e non sull’educazione, di non esprimere empatia; in una parola, di essere disinteressati alla vita dei ragazzi, come detto nel titolo.
Giudizio duro e ingeneroso, aggiungiamo, visto che la scuola si è sempre attrezzata per rispondere alle sfide educative e i docenti hanno sempre – in massima parte – messo in primo piano le relazioni, oltre che i saperi e le competenze. Insomma, la scuola c’è e talora – nei contesti più difficili – rimane l’unica agenzia a difesa del presente e del futuro dei nostri ragazzi.
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