Giornata della libertà e decreto anti-rave: ma c’era davvero il requisito della necessità e urgenza?

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Torniamo a parlare del decreto 162 del 31 ottobre, già in Gazzetta Ufficiale, tra i primi provvedimenti del Governo Meloni: il cosiddetto decreto anti-rave, che in questi giorni preoccupa anche il mondo della scuola, per via di una scrittura del decreto stesso sufficientemente ampia e vaga da potere mettere dentro anche la fattispecie dell’occupazione studentesca.

Ecco infatti cosa si legge sulla norma, all’articolo 5 del decreto 162: “Dopo l’articolo 434 del codice penale è inserito il seguente: Art. 434-bis (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica). – L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita”.

Sul tema, in occasione della giornata mondiale della libertà, il collaboratore della Tecnica della Scuola, Luigi Mariano Guzzo, docente di diritto presso l’Università di Pisa, ha fatto una riflessione:

“Gli studenti hanno ragione quando sono preoccupati che una simile norma possa creare dei problemi anche relativamente alle occupazioni studentesche. Ricordiamoci che questa norma è stata prodotta attraverso una decretazione d’urgenza e probabilmente non si ravvisavano nemmeno casi di necessità ed urgenza su questo tema, perché ribadiamo che il potere legislativo spetta al Parlamento e il Governo non può abusare delle sue prerogative”.

“Per essere una norma penale doveva essere scritta meglio – argomenta l’esperto di diritto – perché la norma penale incide direttamente sulle libertà fondamentali, quindi necessita di tempo sufficiente per essere pensata e poi scritta. Ora il Parlamento ha 60 giorni di tempo per convertire in legge il decreto. Saranno 60 giorni utili per rendersi conto della reale necessità di una norma del genere e per capre come inserire questa norma nel codice penale senza andare a frustrare le libertà fondamentali del soggetto”.

E lancia una proposta didattica: “Ecco, magari nelle classi, proprio in questi 60 giorni, si potrebbero attivare laboratori di scrittura delle norme per vedere come si potrebbe scrivere una legge che non leda le libertà fondamentali che studenti e studentesse fanno bene a presidiare”.