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Giornata mondiale del docente, Dacia Maraini: “In famiglia non si impara la democrazia, lo si fa a scuola, dove si è uguali di fronte alla conoscenza”

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È tempo di dire grazie a… è il tema della giornata mondiale degli insegnanti 2022 firmata La Tecnica della Scuola, che celebra i docenti con un evento social ricco di ospiti.

Tra i presenti la scrittrice, poetessa, saggista Dacia Maraini, più di una laurea Honoris causapremio Campiello per La lunga vita di Marianna Ucrìapremio Strega per la raccolta di racconti Buio e da sempre in prima linea sul fronte Istruzione. Quest’ultima, dopo il saluto del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e del regista Pupi Avati, ha discusso a proposito di scuola.

La scrittrice ha raccontato degli aneddoti personali riguardanti dei docenti che ha incontrato nel corso della sua esperienza da alunna che l’hanno particolarmente colpita: “Sono due i docenti che mi hanno colpita. Nella scuola Garibaldi di Palermo ho avuto un insegnante di filosofia che si chiamava ‘Ghera’ che mi ha fatto capire che la filosofia non è soltanto conoscere ma imparare a usare questo strumento o per capire il mondo. Mi ha dato proprio uno strumento di comprensione”.

“L’altro era professore di matematica, che odiavo e non capivo, mi sembrava impossibile. Lui mi ha fatto capire che la matematica era la ragione, era pensare in termini razionali da una riflessione a una conclusione. Credo molto nella logica, e rimango spiazzata quando vedo che molte persone non la usano. Matematica e filosofia insegnano a usare la logica”.

Ecco secondo Dacia Maraini quale logica dovrebbe adottare il nuovo Governo per la scuola: “Secondo me si è sbagliato a pensare che la scuola potesse diventare un’azienda. Si è cambiato, linguisticamente, dal preside al dirigente, come se fosse d’azienda, che produce qualcosa. La scuola non deve produrre niente, deve formare l’individuo. Bisognerebbe sacralizzare la scuola dandole quel posto nella società che ha a che fare con la creazione del futuro”.

“In famiglia non si impara la democrazia, lo si fa a scuola, dove si è uguali, anche se si è di diverse etnie, uguali di fronte alla conoscenza”.

“Bisogna appassionare gli studenti. Quando gli insegnanti si appassionano, ci mettono l’anima, gli studenti se ne accorgono subito, lo sentono subito. Con gli studenti bisogna avere un rapporto dialettico, bisogna parlare con loro. L’insegnante non dona, dialoga”.

“Bisogna partire dal presupposto che la scuola è il punto di partenza per il futuro. La scuola non è un’azienda, non si possono tagliare le scuole piccole. Ogni luogo, anche piccolo, ha bisogno di una scuola. Bisogna investire anche economicamente sulla scuola, dando a essa prestigio, restituendole la sacralità. Si tratta dell’anima dello stato”.

E, sulle recenti aggressioni agli insegnanti: “C’è un degrado culturale, di cui sono responsabili anche mezzi di comunicazione e un certo tipo di tv, soprattutto quella berlusconiana. Qui a volte si sono persi dei valori, che dovrebbero essere condivisi. Ognuno non può avere valori per i fatti propri”.

Ecco il parere sull’alternanza scuola lavoro della scrittrice: “Secondo me in se e per sé non è una cosa sbagliata. Sbagliato è puntare solo su quello. La persona va sviluppata a livello umanistico, che poi bisogna collegare alla tecnologia. Dietro la tecnologia c’è un pensiero umano, ci sono dei valori che abbiamo perso di vista come certi diritti e doveri all’interno di una comunità attiva. Adesso siamo in una società molto disgregata, e su questo dovremmo rimediare. Cosa distingue l’uomo dall’animale? La conoscenza della democrazia, dove si è tutti uguali e il più forte non mangia il più debole. La nostra superiorità sta nel fatto che abbiamo costruito delle istituzioni democratiche. Se veniamo meno a questi valori veniamo meno all’essere umano”.

La Maraini ha poi commentato uno stralcio di un intervento del pedagogista Philippe Meirieu, che si è chiesto cosa sarebbe il mondo senza gli insegnanti: “Penso che i docenti siano importantissimi. In una scuola che non funziona come istituzione ci sono gli insegnanti che, invece, funzionano, ci credono, mettono tutti sé stessi. Fanno un lavoro eroico, pagati poco, vittime della rabbia di alcuni genitori. Stanno salvando l’Italia. Ma dietro ci devono essere le istituzioni, che dovrebbero dare attenzione alla scuola, che dovrebbe tornare al centro della vita del paese. In caso contrario, rimaniamo l’ultima ruota del carro”.

“Nelle mie esperienze ho l’impressione che i docenti oggi siano molto consapevoli di non sapere. Per imparare bisogna dubitare, capire, pescare dentro varie acque e imparare da varie fonti. Mi sembra che quella degli insegnanti è più una confusione, un’incertezza su come porsi con i ragazzi”.

“Nel nostro Paese c’è di tutto: ma se passiamo il tempo a denigrarci i giovani si demoralizzano e decidono di andarsene. Bisogna avere un po’ di amore per il proprio paese e per il proprio futuro. Anche in politica si tende a criticare ossessivamente tutto ciò che facciamo. A furia di dir male di noi stessi non ci impegniamo più, perché ‘tanto a che vale’? Se noi crediamo nel futuro, nella scuola, trasciniamo le persone che hanno voglia di rimboccarsi le maniche”.

“Quando vado all’estero trovo dappertutto, in tutti i campi, italiani che hanno fatto carriera all’estero. Ciò vorrà dire qualcosa. Le nostre scuole non sono così terribili come si dice, qualcosa di buono viene fuori. Questi giovani trovano chi dà loro fiducia e li fa lavorare. All’estero si crede nella meritocrazia. Purtroppo da noi noi: anche questa è una ragione per cui i giovani scappano”.