In questi giorni abbiamo parlato più volte del maestro di Palermo che ha l’abitudine di portare casa i quaderni dei propri alunni e di scrivervi lunghi giudizi motivazionali. In molti hanno salutato l’iniziativa del docente, raggiunto dai principali media, lodandolo per la creatività.
Il nostro vicedirettore Reginaldo Palermo ha spiegato che si tratta di una pratica didattica certamente molto avanzata rispetto a chi pensa che la valutazione debba servire solo a “selezionare” o al massimo a “registrare” gli esiti degli apprendimenti con un laconico: “bene”, “non ci siamo”, “sei troppo disordinato” o “c’è ancora qualche errore”. Cogliendo però anche qualche limite, come “l’approccio un po’ troppo ‘personalizzato’” e “un po’ ‘pericoloso’, perché potrebbe generare dipendenza e spostare l’attenzione dal compito alla relazione.
A dire la sua è stata una psicologa, Francesca Cardini, in un video su Facebook: “Che lui, così come Vincenzo Schettini de ‘La Fisica Che Ci Piace’ siano casi così eccezionali da parlare di rivoluzione a scuola, da finire sui giornali per me è preoccupante. Mi preoccupa che venga considerata l’eccezione e non la regola, soprattutto come genitore”, ha esordito, criticamente.
“Il modello educativo vigente a scuola è di stampo autoritario, basato sulle valutazioni e sulle punizioni, sull’accondiscendenza nei confronti dell’autorità, una scuola che cerca di standardizzare tutti, attraverso un sistema di voti, che vede le diversità come problemi da risolvere che non si possono incasellare: questo tipo di educazione non funziona oggi. Io non dico che questi due docenti rivoluzionari siano gli unici in Italia, lo so. Ci sono tanti docenti che per fortuna cercano un’alternativa a una metodologia che non funziona più. Sarebbe bello se non fossero delle eccezioni e diventassero la regola”, ha concluso.
Il docente e scrittore Enrico Galiano, sempre su Facebook, ha fatto notare alcune note stonate, a suo avviso, del metodo del docente di Palermo: “Ha sbagliato a mettere i nomi dei bambini. E poi mai collegare la persona al lavoro svolto: un conto è la prestazione, un conto la persona che sei. Valutare è difficilissimo e sbagliare valutando è facilissimo.
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