La popolazione scolastica è in aumento al Nord, mentre gli aspiranti insegnanti sono prevalentemente meridionali. È così oggi, lo sarà sempre di più domani. Ergo, chi vuole intraprendere la professione dell’insegnamento deve mettere in conto un trasferimento in Brianza o lungo la Via Emilia. Lo scrive Linkiesta che aggiunge: il caso delle “deportazioni” degli insegnanti da sud a nord non dovrebbe nemmeno guadagnare le pagine di giornale, in un Paese normale. Tranne che si deportano gli studenti.
In più, aggiungiamo noi, il tempo prolungato a Nord supera l’80% mentre al Sud si attesta attorno al 10%: come mai? Come mai le scuole meridionali preferiscono non incrementare il tempo scuola?
«Da Roma in giù non esiste il tempo pieno. Se venisse istituito anche nelle scuole del meridione non solo non ci sarebbero deportazioni ma ci sarebbe più scuola e più opportunità per i nostri giovani»: spiega infatti una docente di lungo corso.
Al netto dei toni accesissimi, questo dibattito, sottolinea Linkiesta.it, dice molto sullo stato in cui versa la nostra scuola.
Ad esempio, dell’idiosincrasia di buona parte del corpo docente nei confronti dei saperi digitali.
Non solo: c’è anche una questione di memoria selettiva. Ad esempio, docenti e sindacati tendono a dimenticare che il numero enorme di trasferimenti di insegnanti per l’anno scolastico 2016-17 – circa 200mila trasferimenti – sia dovuto anche alle decine di migliaia di docenti che hanno usufruito del piano di mobilità straordinaria, per evitare le chiamate dirette dei presidi, il prossimo anno. Se caos organizzativo è stato, quindi, non è solo colpa del Ministero.
La cosa più inquietante, scrive sempre Linkiesta.it, è però un’altra: che in ognuno degli articoli, delle lettere aperte, delle invettive contro la “deportazione” siano assenti gli studenti. Mai nemmeno nominati da chi, in teoria, sarebbe preposto alla loro formazione. Fa specie che la categoria che dovrebbe stare al centro del dibattito scolastico sia totalmente ignorata. Forse, per raccontare cosa non va nella scuola italiana, dovremmo partire da qui.
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