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Gps: perché il dottorato di ricerca vale quanto l’esperienza in aula?

Sono laureata in Scienze chimiche, ho lavorato per 6 anni all’Università con contratti di collaborazione e assegni di ricerca, terminando il Dottorato di Ricerca nel 2016.


Da qualche giorno sono state pubblicate le nuove graduatorie provinciali GPS, un disastro. Qualcuno dovrà dare delle spiegazioni.

A Luglio il CSPI aveva espresso perplessità in merito alla variazione del punteggio dei titoli, cito testualmente: “Occorre – scrive il CSPI – però porre la massima attenzione nei confronti delle legittime aspettative di tanti precari che hanno maturato e acquisito titoli sulla base della normativa attualmente vigente e che, in base alle nuove disposizioni, vedrebbero improvvisamente stravolta la propria posizione in graduatoria”.Soprattutto evidenziava la sopravvalutazione dell’attività di ricerca scientifica “che non sempre sono essere coerenti con l’attività di insegnamento”. 


Su questo punto infatti occorre evidenziare la presenza in graduatoria di persone con punteggio molto molto alto, 200, 144, 108, 85 punti (e potrei andare avanti all’infinito) di soli ulteriori titoli valutabili e ZERO PUNTI nel servizio a scuola. 1 assegno di ricerca ha lo stesso peso di 1 anno di servizio in aula. Entrambi valgono 12 punti.Docenti che hanno insegnato in aula per 10 anni scavalcate da persone che non hanno più messo piede in aula dal loro esame di maturità. 


Questo lo trovo avvilente e anche eticamente poco corretto, alla luce anche delle battaglie spese dai dottori di ricerca in questi ultimi 4 anni che hanno cercato di equiparare il dottorato di ricerca all’abilitazione all’insegnamento. Sia il TAR sia il Parlamento si sono sempre espressi contrariamente motivando che il dottorato non può essere equiparato al servizio in aula. Alla luce di tutto questo neanche gli assegni di ricerca, contratti di collaborazione all’università dovrebbero essere valutati quanto 1 anno di servizio.


Le nuove graduatorie sanciscono l’esatto contrario, l’alta formazione universitaria vale molto di più dell’esperienza sul campo.
Vorrei solo capire come sia stato possibile arrivare a tutto questo. Come mai si è voluto così affossare i docenti non di ruolo che per anni, con estrema dignità e professionalità hanno mandato avanti la scuola italiana. Qualcuno dovrà dare spiegazioni.

I silenzi e il non contraddittorio nelle stanze di palazzo hanno pesato troppo sulla vita delle persone.  Perché dietro ad ogni precario storico ci sono delle famiglie e delle storie.

Questo nessuno se lo ricorda mai.Io esprimerò il mio dissenso con l’unica arma che mi è rimasta, il VOTO il 20 e 21 settembre 2020.

Martina Guidotti, PhD italiana, docente della scuola statale italiana, precaria da 4 anni 

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