Home Politica scolastica Hikikomori: “Internet è strumento di difesa. Non causa, né nemico”

Hikikomori: “Internet è strumento di difesa. Non causa, né nemico”

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Come è noto in Italia gli Hikikomori sono circa 54mila, ragazzi che si rifugiano nelle loro stanza e tagliano i ponti con il resto del mondo, in una sorta di ritiro sociale. 

Individuata questa sindrome per la prima volta in Giappone, da cui il nome, sta crescendo in tutto il mondo e sono tanti ormai gli specialisti che se ne stanno occupando, fra questi Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta presidente della Fondazione Minotauro e  tra i maggiori studiosi del fenomeno del ritiro sociale. 

Intervistato da Vita.it, sui motivi per cui si diventa Hikikomori, risponde: “Il fenomeno del ritiro sociale si sta diffondendo in modo sempre più articolato e, per questo, risulta sempre più difficile tracciare un profilo valido per tutti. In linea di massima si può comunque parlare di un fenomeno che, ancora oggi, è prevalentemente maschile, di ragazzi che non hanno disturbi specifici di apprendimento e che si ritirano dalla scuola e dalla società, in preadolescenza o adolescenza o all’inizio della giovane età adulta, perché sperimentano un senso di inadeguatezza e fallimento rispetto alle aspettative interiorizzate durante l’infanzia. Lo sguardo di ritorno dei coetanei a scuola e la competitività serrata che la società adulta alimenta ogni giorno promuovono un senso di vergogna e di impresentabilità, che li spinge a ritirarsi e a suicidarsi socialmente, nel momento in cui bisognerebbe, invece, nascere socialmente. I ragazzi e le ragazze che si ritirano sono persone in difficoltà e sofferenti, le altre definizioni servono agli adulti per liberarsi la coscienza dalle proprie responsabilità, dai modelli che ogni giorno a scuola, in famiglia e nei mass media proponiamo alle nuove generazioni”. 

E poi continua: “Internet è una difesa, una forma di automedicazione, scongiura il rischio di un breakdown psicotico nel momento in cui il dolore è talmente pervasivo da non riuscire a essere espresso e dunque rischia di farti impazzire. Chi sostiene che sia la dipendenza da internet a impedire ai ragazzi ritirati di frequentare la scuola e il mondo” sbaglia. “Chi toglie forzatamente Internet ai ritirati sociali, si assume una responsabilità enorme”

“Internet rappresenta l’unica possibilità di accesso al sapere, di esprimere i propri stati d’animo, tristezza e rabbia, di mantenere qualche relazione umana, a parte quella con la propria mamma e il proprio papà.  I ritirati sociali più gravi non usano internet e non riescono a fare la maturità. Anche la scuola deve fare la sua parte, individuando come promuovere gli apprendimenti e il successo formativo in ragazzi che in classe non torneranno più. Nei prossimi anni, una scuola davvero inclusiva dovrà prevedere come far terminare il percorso di studi anche a chi non frequenta.

Se l’anoressia – spiega ancora l’esperto -rappresenta da decenni la modalità espressiva elettiva del disagio evolutivo femminile. Il ritiro sociale rappresenta, e rappresenterà ancora nei prossimi anni, insieme ai tentativi di suicidio, la modalità elettiva di espressione del disagio giovanile maschile. Da una parte, l’anoressica, una femmina che nega tutto ciò che esprime, e di cui necessità, il corpo e raggiunge straordinari risultati a scuola e nella società. Dall’altra parte il ritirato, un maschio che nega ogni tratto della propria fisicità, che si suicida e fallisce socialmente e che diventa un casalingo, un soggetto domestico”.

Gli interventi devono essere organizzati territorialmente, devono puntare alla costruzione di una rete multidisciplinare e interistituzionale, a cui le scuole pubbliche devono partecipare. Aiutare un adolescente richiede sempre un intervento sinergico di tutti i ruoli adulti, immaginiamo quanto conto in una situazione così complessa e dolorosa come quella del ritiro scolastico e sociale. Il tema, tra l’altro, riguarda anche la dispersione scolastica in senso ampio e il fenomeno dei Neet. 

Quando tutte le istituzioni scolastiche, i genitori e i politici della nostra nazione si convinceranno che bocciare alle secondarie di primo grado e nel biennio delle secondarie di secondo grado, non solo non serve a niente e a nessuno, ma contribuisce ad alimentare la dispersione scolastica, il ritiro e le devianze giovanili, i tentativi di suicidio, sarà, comunque, troppo tardi. Ai miei tempi un 2 non ha mai fatto male a nessuno, ai miei tempi fioccavano i 4 e le bocciature e non erano certo un dramma”.