Home I lettori ci scrivono I come “impresa”: un commento all’affaire dello spaccio di merendine

I come “impresa”: un commento all’affaire dello spaccio di merendine

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È poca cosa la storia del diciassettenne venditore abusivo di merendine; ma lo sviluppo degli eventi ci spiega quanto grande sia la confusione su ciò che significhi educare ed anche quanto profondo sia il disprezzo che alcuni “intellettuali” (virgolette d’obbligo) nutrono nei confronti della scuola, disprezzo pari solo all’idolatria dell’unico dio che sembra dominare la scena del mondo occidentale: il profitto.

La piccola storia inutile dello studente venditore di merendine è una dimostrazione del fatto che il diavolo si annida nei particolari. Gli eventi, nelle loro linee generali, sono noti: un diciassettenne frequenta l’Istituto tecnico Pininfarina di Moncalieri e, spinto dagli alti prezzi delle merendine nei distributori automatici della scuola, intraprende un commercio parallelo e clandestino. Compra le merendine a basso costo al supermercato e le rivende, maggiorate di un pochino, ai suoi compagni. Pare con buon successo.
Primo particolare: l’iniziativa del giovinotto era partita già lo scorso anno; ed allora rivendeva non asettici e ben confezionati snack ma panini fatti in casa; cosa che, a scuola né altrove, si può fare senza le necessarie autorizzazioni – tant’è che il ragazzo era stato sospeso per dieci giorni e poi, alla fine bocciato (immagino per scarso profitto, più che per eccesso di intraprendenza).
Quest’anno lo studente ritorna al “Pininfarina” e riprende la sua attività, limitandosi alle merendine industriali. Viene di nuovo scoperto. Ma la notizia – ahimé- assurge agli equivoci onori della cronaca ed il Paese si spacca in due: innocentisti e colpevolisti.
Da una parte c’è chi loda lo spirito d’impresa, dall’altra c’è chi condanna il mancato rispetto delle regole. È contesa tra le due fazioni, l’un contro l’altra armata. In pochi giorni la fazione degli “innocentisti” raccoglie il consenso di illustri giornalisti, primo tra tutti Massimo Gramellini. I “colpevolisti”, forse più prevedibili, ribadiscono il mancato rispetto delle “regole” ed invocano adeguate punizioni.
Rapidissima l’ 
escalation della disputa: la Fondazione Einaudi, per bocca del suo presidente, l’ avvocato Giuseppe Benedetto afferma che quello di Antonio (nome di fantasia, poiché lo studente è ancora minorenne) è« un esempio da seguire e non da perseguire» e gli destina, come premio, una borsa di studio da 500 euro.
Dall’altra parte della barricata i “colpevolisti” raccolgono il consenso di molti studenti del “Pininfarina” che, nel giorno in cui la Fondazione Einaudi consegna il “premio” ad Antonio, manifestano di fronte alla loro scuola, sostenendo che non è giusto “
che venga premiata un’attività illegale e non invece il merito di chi studia tutto l’anno duramente».
Accanto agli studenti il preside ed i docenti, che hanno comminato ad Antonio
 una sospensione di quindici giorni, durante i quali il ragazzo dovrà dare una mano in un’associazione di volontariato.
“Le regole vanno rispettate”“non sappiamo da dove provenissero le merendine ed è un problema di sicurezza alimentare”: queste le motivazioni per la sospensione. Il coro dei “colpevolisti” raccoglie anche le voci di associazioni come Acmos e Libera e dell’assessore regionale all’istruzione Gianna Pentenero. Intanto giunge notizia che lo studente Antonio sbeffeggia via social i suoi compagni, ritenendoli invidiosi ed aggiunge (secondo particolare) che, mentre si punisce chi spaccia merendine nei corridoi della scuola, i veri spacciatori (di droga) operano impuniti. Dove? Vien da chiedersi; negli stessi corridoi frequentati da Antonio? Com’è possibile?

Chi avesse desiderio di informarsi ulteriormente, andando alle fonti giornalistiche percepirebbe che attorno a questa “notizia” si respira un’aria sospetta ed inquinata, ad iniziare dal primo intervento “autorevole”, quello di Gramellini. Il quale, il 23 novembre scorso si diceva “affascinato” dalla vicenda: il ragazzo, scrive Gramellini, sa “mettersi nei panni degli altri” e coglierne bisogni: “Di lui piace la diversità che lo rende inviso al sistema, messo in crisi dal suo spirito di iniziativa. E il sistema reagisce, normalizzando il diverso in nome delle regole. Quelle stesse regole che i conformisti possono invece violare ogni volta che vogliono.
Antonio dice: puniscono me e non il pusher che nello stesso corridoio smercia la droga. Per fortuna nel sistema c’è una crepa: un preside intelligente (nota di chi scrive: terzo particolare). Ribalta la decisione dei sottoposti di sospendere lo spacciatore di merendine e propone di affidargli un progetto imprenditoriale. Applausi (e tasse, ma in modica quantità)”. Questa la conclusione gramelliniana: dunque, per uno dei nostri giornalisti più brillanti, Antonio sarebbe “un diverso” e il pusher “un conformista”: abbastanza d’accordo sul conformismo del “pusher”: però resta il dubbio sulla legittimità della difesa di Antonio, che invoca colpe maggiori a scusante del suo operato. 
È un po’ come se il ladro ricordasse che esistono assassini e gli assassini si riparassero dietro i killer seriali etc. etc. Quanto alla diversità di Antonio ci sarebbe parecchio da obiettare. Lo “spirito di iniziativa” è quello che tutti i giorni i nostri giovani vengono esortati a coltivare: lo slogan “diventa imprenditore di te stesso” è talmente inflazionato che anche Gramellini lo avrà già sentito e, probabilmente, introiettato. “Fare impresa” , le tre “I” di Berlusconi e di Renzi (una “I” sta per “impresa”), “educare all’imprenditorialità”: di espressioni come queste sono zeppi i documenti del MIUR.
Quindi, altro che “diverso”: Antonio è uno che ha appreso la lezione e che è andato oltre. Ha capito lo spirito di fondo dell’imprenditore, che si chiama “profitto innanzi tutto” – e chi se ne frega delle regole, intanto io guadagno e gli scemi stanno a guardare e criticano per invidia. Perciò non ci meraviglia che la Fondazione Einaudi lo voglia premiare: tra liberalismo e liberismo talvolta ci sono buoni rapporti ed Antonio, nonostante la giovane età e anche se non lo sa, è liberista di razza: per lui, niente valgono le regole, quel che conta è il mercato. E il mercato che genera profitto, a quanto pare, è di per sé buono; e riesce pure ad “affascinare” uno scafato come Gramellini, il quale , settimanalmente, non fa che (farci) piangere sulle ingiustizie nel mondo che, detto tra parantesi, trovano molto spesso origini nella corsa all’accaparramento e nella rapacità dei singoli.
Nella conclusione del suo articoletto, Gramellini parla di “un preside intelligente” che “ribalta la decisione dei sottoposti di sospendere lo spacciatore di merendine e propone di affidargli un progetto imprenditoriale”. Di tale preside così intelligente non c’è traccia negli altri articoli dedicati all’ 
affaire merendine; negli archivi di Internet, si trova invece traccia di suoi comportamenti non proprio inappuntabili. Ma lasciamo perdere: in questo caso il preside dell’istituto sembra concorde con i docenti del consiglio di classe e destina all’ “imprenditore” quindici giorni di sospensione da svolgersi in attività sociali (un po’ lo stesso destino, in piccolo, del povero Berlusconi in punizione presso i servizi sociali). A Gramellini serviva il graffio finale, per siglare un così singolare ed istruttivo episodio.
La scuola infatti la salvano i “presidi intelligenti”, mentre i lagnosi “sottoposti” non sanno far altro che invocare a gran voce le Regole. Immagino che i “sottoposti” siano i docenti: non è un modo carino per parlare di coloro che hanno il compito di educare le giovani generazioni, ma è una conclusione che coglie l’ispirazione di fondo, gerarchica ed autoritaria, della “buona scuola” renziana”, la fa propria e la completa. Dunque, riassumendo il pensiero di Gramellini: la scuola la salvano i presidi intelligenti, sottraendola alle grinfie dei loro sottoposti (sempre gli insegnanti) ed impedendo che venga misconosciuto il genio imprenditoriale di un povero ragazzo, pieno di talento (imprenditoriale).
A coronamento di tutto ciò, venerdì 16 dicembre, si è saputo che i Carabinieri stanno indagando su quanto è accaduto al “Pininfarina” e che trasmetteranno la loro informativa all’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia accoglierà il consiglio profetico di Gramellini (tasse, ma in modica quantità)?

Tutto questo, insomma, è quasi incredibile – e speriamo che serva ad alimentare (qui sono d’accordo con Gramellini) l’aria di rivolta che si respira in giro.