Quali competenze hanno gli adulti? La situazione italiana non sembra affatto rosea, anzi. Secondo la rilevazione Ocse-Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), le persone dai 16 ai 65 anni, una su tre, hanno capacità linguistiche o matematiche scarse o molto scarse, comunque insufficienti.
Come riporta Il Corriere della Sera, queste persone possono comprendere al massimo testi brevi, dai quali non sia troppo impervio estrarre le necessarie informazioni, e sono in grado di compiere solo operazioni semplici, con numeri interi o decimali, ma già davanti a una proporzione arrancano. Per non dire del problem solving: quasi la metà degli adulti è insufficiente. Certo, in generale, c’è chi va peggio di noi – come il Portogallo – ma tutti gli altri vanno meglio (Spagna, Francia e, fuori dall’Europa, gli Stati Uniti) o molto meglio di noi (Germania e tutto il Nord Europa).
Non solo abbiamo pochi laureati ma quei pochi che abbiamo ottengono un punteggio medio inferiore ai finlandesi che si sono fermati alla maturità. Le capacità acquisite a scuola in Italia invecchiano in fretta, più in fretta che negli altri Paesi e i percorsi di formazione continua (il cosiddetto lifelong learning) non è ancora diventato una realtà. Tutto questo restringe le opportunità lavorative dei singoli e rallenta il progresso della società nel suo insieme.
Le conseguenze nel mondo del lavoro
Rispetto alla scorsa edizione i risultati sono lievemente peggiorati, con un aumento del 7 per cento (dal 28 al 35) di coloro che non arrivano al livello sufficiente. Secondo il Piaac – che si è svolto nel 2022-23 su un campione di popolazione tra i 16 e i 65 anni in 31 Paesi e in Italia in particolare con un campione di 4847 adulti, rappresentativi di circa 37,4 milioni di persone – i risultati del nostro Paese sono al di sotto della media Ocse.
Se a questo si aggiunge che quasi un adulto su due (40 per cento) ha un’occupazione che non c’entra niente con quello per cui ha studiato e che il 18 per cento è sotto-qualificato per il lavoro che fa (la media Ocse è 9 per cento) e un altro 15 è troppo qualificato (media Ocse 23 per cento) ce ne è abbastanza per lanciare l’allarme.
I risultati in literacy, numeracy e problem solving
Per quanto riguarda la “literacy”, cioè la capacità di comprendere un testo, un adulto su tre (il 35%) ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1 – la media Ocse è del 26 per cento – il che significa che “è in grado di comprendere testi brevi ed elenchi organizzati, quando le informazioni sono indicate chiaramente, e può individuare informazioni specifiche e identificare collegamenti rilevanti all’interno di un testo” (livello 1) o che “è in grado di comprendere, al massimo, frasi brevi e semplici” (sotto il livello 1). Se invece consideriamo gli adulti che hanno le competenze adeguate (livello 4 o 5 della scala Ocse), in Italia sono solo il 5 per cento contro una media internazionale del 12 per cento.
Anche in “numeracy”, intesa come la capacità di calcolo, un adulto su tre (il 35%) è “low performer”, cioè fermo al livello 1 o anche sotto. La media dei Paesi Ocse è invece del 25 per cento. Queste persone sanno soltanto “fare calcoli di base con numeri interi o con il denaro, comprendere i decimali e identificare ed estrarre singole informazioni da tabelle o grafici, ma possono avere difficoltà con compiti che richiedono più passaggi (es. risolvere una proporzione). Quanti sono al di sotto del livello 1 sono in grado di sommare e sottrarre numeri piccoli”. Gli “high performer” (livello 4 e 5) in Italia sono soltanto il 6 per cento, meno della metà della media dei Paesi Ocse che si attesta al 14 per cento.
Infine nell’ambito del “problem solving” quasi la metà degli italiani è totalmente insufficiente (46 per cento sotto o pari al livello 1 contro una media Ocse del 29 per cento): i risultati sono inferiori anche a quelli del Portogallo. Coloro che si trovano in questa situazione hanno “difficoltà con problemi che presentano più passaggi o che richiedono il monitoraggio di più variabili”. Circa l’1% degli adulti invece ha ottenuto un punteggio di livello 4 o 5: un risultato molto inferiore alla media Ocse che è del 5 per cento.
Ma il dato più drammatico è quello che riguarda gli adulti che non ottengono la sufficienza in nessuna di queste tre competenze fondamentali e che, in quanto tali, sono ad alto rischio di esclusione economica e sociale. Da noi sono il 26 per cento (contro il 20 per cento della Francia e il 15 della Germania): un cittadino italiano su quattro. Non solo: mentre in quasi tutti gli altri Paesi la fascia d’età in assoluto più qualificata è quella dei giovani fra i 25 e i 34 anni, da noi il declino delle competenze comincia già dopo i 24 anni e le opportunità di lifelong learning restano ancora pochissime.
Anche i titoli di studio premiano meno che altrove: un laureato italiano ottiene in media solo 19 punti in più di un semplice diplomato nella prova di “literacy” (contro una media Ocse di +33 punti) e il diplomato a sua volta ottiene 35 punti in più di chi ha in tasca solo la terza media (contro una media Ocse di +43 punti). In compenso il raddoppio degli stranieri rispetto alla precedente rilevazione ha avuto un impatto relativo: gli immigrati di prima generazione da noi ottengono un punteggio inferiore di 30 punti in “literacy” che si riduce a 13 punti se si confrontano con i cittadini italiani dello stesso livello socioeconomico. In Francia e Germania lo svantaggio è molto più netto: rispettivamente – 58 e -74. Quanto agli immigrati di seconda generazione e ai nuovi italiani ottengono invece risultati in linea con quelli di chi è nato in Italia da genitori italiani.